TRAMA
La storia di Paul, impiegato in un’azienda telefonica in via di chiusura. Un venerdì 13, la cronaca del telegiornale quotidiana gli appare come un segnale per passare all’azione. Deciso a concretizzare il suo gesto, fugge sulle montagne dove vivrà un’esperienza particolare…
RECENSIONI
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] e anche il senso di desolazione che ci pervade man mano che le rappresentazioni degli esseri umani che avevano accompagnato Jed Martin nel corso della sua vita terrena si disgregano per effetto delle intemperie, e vanno in pezzi, quasi a diventare negli ultimi video il simbolo dell'annientamento generalizzato della specie umana. Esse sprofondano, sembrano dibattersi un attimo prima di venire soffocate dagli strati sovrapposti di piante. Poi tutto si placa, non ci sono altro che erbe agitate nel vento. Il trionfo della vegetazione è totale». In La Carta e il Territorio, l'intuizione profonda di Houllebecq sta nel cogliere la fine della Storia: le ere e i mondi, non più destinati a uno sviluppo cronologico e temporale, trovano la loro essenza nella parcellizzazione orizzontale, nel territorio privato da ogni connessione con la realtà.
Nei panni di Paul, Michel Houllebecq, manovrato da Gustave Kervern e Benoît Delépine, sembra voler continuare questa riflessione. Non è più solamente la Storia a dover esibire la sua fine, bensì è direttamente l'autore e il suo corpo - a essere messo in crisi. Il film si apre con Paul che aspetta la sua famiglia e poi decide di andare a fare un giro, urla alla moglie «torno tra due ore» e, afferrando la bicicletta, si mette in viaggio. Un viaggio che vorrebbe essere senza ritorno.
Lo spazio dove Paul si muove è quello rarefatto di un scenario estremamente brullo in completa contrapposizione con le abitudini della comodità borghese: se dalle inquadrature ravvicinate utilizzate all'interno del bilocale si preferiscono campi lunghi e svuotati, l'unico oggetto utilizzato da Paul in grado di rimandare alla civiltà, sono le sigarette; per il resto si procura il cibo dalla natura, ruba l'acqua dalle piscine delle case limitrofe, si arrangia cercando di accendere un fuoco. È sempre il corpo del protagonista a essere il fulcro dell'inquadratura. Un corpo maldestro, informe e irregolare: lo vediamo fumare tenendo la sigaretta tra l'anulare e il mignolo prima, intento ad arrampicarsi a una parete di roccia poi e, infine, ballare istericamente War Pigs, storico successo dei Black Sabbath.
Una messa in scena che per molti tra il pubblico si è rivelata inutile proprio perché incapace di aggiungere nulla alla parola scritta, Near Death Experience trova la sua particolare identità proprio nella sottrazione: eliminando ogni traccia, ogni cifra che possa rimandare a un vero personaggio di finzione, è chiaro che Paul non sia nient'altro che il personaggio di Houllebecq, autore di Piattaforma e di Le Particelle Elementari, consacrato alla gloria e, nello stesso tempo, odiato in patria a causa delle sue pubbliche provocazioni. Paul/Houllebecq ci prova a uccidersi. Pensa al come al quando ma non ce la fa neanche nel momento di buttarsi da un'altura. Sembra proprio che rifiuti la morte, rifiuti di farsi irrimediabilmente Natura per ritrovare attraverso il corpo la Vita in tutta la sua imperfezione, l'esistenza dolorante e sanguigna e trasferirla su carta, trasformarla in parola. Del resto è proprio in Piattaforma a dirci: «se fossi stato di natura eterna [
], mi sarei attaccato a cose eterne».