Recensione, Sentimentale

NATA DI MARZO

NazioneItalia
Anno Produzione1958
Durata110’

TRAMA

La diciassettenne Francesca sposa un architetto molto più grande di lei. L’iniziale felicità lascia presto il posto ai litigi, fino alla separazione, perché Francesca esige un rapporto paritario che non c’è.

RECENSIONI

La pellicola di Antonio Pietrangeli parte scanzonata e divertente nel rappresentare l’allegra giovinezza della protagonista. Sposa il sentimento della prima felicità coniugale, vira al tragico quando s’infrange l’idillio e si trasforma, infine, in un potente pamphlet femminista in anticipo sui tempi, reclamando parità per la donna, denunciando la sua frustrazione chiusa fra le quattro mura domestiche, (di)mostrando nella pratica e senza qualunquismo (ad esempio: è Francesca ad apparire indisponente e scostante, ma le sue azioni sono il riflesso di una condizione opprimente) i risvolti negativi di un ruolo sociale ingiustamente predefinito. Sarebbe stato troppo facile cavalcare un personaggio femminile immacolato: invece, Francesca è nata di marzo, è del segno dei Pesci, un essere irritante, logorroico e ficcanaso, per di più d’estrazione borghese (viziata), senza senso del valore del denaro, in preda alla febbre del consumismo. Di contro, il marito di Gabriele Ferzetti è d’animo gentile, vittima del ruolo maschio-padrone che ha ereditato come modello, senza gli strumenti per comprendere le istanze di una moglie (inconsciamente) “moderna”. Pietrangeli, per quanto alle prese con una materia da neorealismo rosa che ha anche risvolti di più facile attrattiva, soprattutto nell’umorismo (complici gli sceneggiatori Age e Scarpelli) che annacqua la denuncia e lo studio psicologico, dimostra ancora una volta di possedere un notevole sguardo acuto e critico, un sincero impegno morale e civile con cui pone un altro tassello nel mosaico storico, ma in tempo reale, sulla situazione muliebre nella società italiana. Nel suo cinema c’è anche un curioso filo d’Arianna, nel momento in cui ritrae spesso la donna sconsolatamente in preda alla solitudine che rende meschini: il quadro, infatti, si fa insolitamente squallido (nel mirino l’istituzione del matrimonio maschilisticamente concepita, senza dimenticare le molte graffianti annotazioni marginali su personaggi-tipo). Interessante la citazione di Ultimatum alla Terra (la cameriera continua a ripetere al “padrone” di andare a vederlo), un film che, guarda caso, invita alla tolleranza e all’uguaglianza.