TRAMA
Vita e morte di Napoleone Bonaparte, dal 1793 al 1821.
RECENSIONI
Ridley Scott è un Autore o quello che una volta si chiamava mestierante? Cambia, di film in film, genere, registro, tono, ma rimane riconoscibile? Ha dei tratti, cioè, personali, autoriali che lo caratterizzano? A me sembra di poterne individuare almeno due:
1) riesce (quasi) sempre a destabilizzare e a far discutere con qualcosa che non ti aspetti. Che siano parentesi di inattesa violenza grafica, derive grottesche, eccessi kitsch, raramente Scott gira film indolori, piani, comodi;
2) legato forse al precedente: a Scott interessa il Cinema e nient’altro. I suoi film non sono mai esempi di solidità narrativa, accuratezza storica, coerenza interna. Hanno sempre qualcosa di anarchico, di free che li rende – a seconda della sensibilità dello spettatore – amabili o detestabili. Ecco, da questi punti di vista, Napoleon mi sembra un film perfettamente scottiano. È proprio il film che (non) ti aspetti da lui.
Il Napoleone di Scott è un personaggio bipolare e schizofrenico come il film che lo cinematografa, spaesato e spaesante. Grande e meschino, rispettato e deriso, geniale e cretino, è tutto e il contrario di tutto. L’accento sembra posto sulle sue vicende private che però rimangono sospese, mai approfondite ma solo mostrate nel loro farsi, anche ridicolo (il sesso frettoloso e sgraziato con Giuseppina). Poi tutto è contraddetto e trasfigurato in magniloquenti sequenze di battaglia, di grande respiro e afflato - anche registico – epico (memorabile la battaglia di Austerlitz, che si ritaglia una sua autonomia visiva - ma anche narrativa – all’interno del film). Esteticamente il film è elegante, curato, accurato, mostra un realismo pittorico che non può non rimandare al Barry Lyndon di Kubrick, con le luci, gli odori e i sapori dell’epoca che trasudano dallo schermo, ma poi ci si accorge che il film è anche storicamente approssimativo, con importanti omissioni e cronologie spericolate (Napoleone è un eterno 48enne, Giuseppina, che aveva sei anni più di lui, sembra sua figlia, solo per citarne due).
Ma, conviene ribadirlo, a Scott del resto (“il resto” oltre al suo cinema, al suo film, a se stesso, arriverei a dire) è sempre interessato poco. Scott è uno di quei registi che pensa (il suo) cinema e che sembra fregarsene di “cosa penserà la gente”, il che è un po' un paradosso, se si considera il tipo di cinema che bazzica più frequentemente e i grandi successi di pubblico che ha ottenuto in carriera. Ma tant’è. Non stupisce, allora, che il suo Napoleon(e) – personaggio -, con le sue incoerenze, le sue contraddizioni e la sua refrattarietà a farsi inquadrare, definire (e capire), somigli così tanto a Napoleon tutto – film -, al corpus cinematografico di Ridely Scott e, in ultima istanza, a Ridley Scott stesso.