TRAMA
Melbourne: un cuoco cinese aiuta una giornalista a sfuggire a dei trafficanti di droga e finisce nel loro occhio del mirino.
RECENSIONI
Riunione del funambolico Jackie Chan con il vecchio compagno d'avventure cinematografiche Sammo Hung: hanno cominciato insieme nel gruppo "Le sette fortune", per poi inventare il personaggio mite/comune/ingenuo e (ma) micidiale che ha reso famoso l'attore nelle commedie d'azione. È da qualche tempo che Jackie Chan tenta di sfondare nel mercato estero: qui, nel tentativo di risultare "internazionale", anche troppo programmaticamente, trasferisce la propria equipe in Australia, gira in inglese, ingaggia degli attorucoli anglosassoni nel ruolo di gangster (da fumetto), più una donna di colore ed una rossa sexy (erotismo assicurato quando fugge vestita di sola lingerie). La trama, al solito, è di ben poco conto, si risolve in un continuo inseguimento: vere protagoniste sono le strabilianti acrobazie del protagonista, senza controfigure e trucchi da studio (vedere, per credere, gli immancabili spezzoni finali con i ciak sbagliati). La comicità viaggia sul filo dell'azione ed esplode in alcune coreografie geniali: non tutte (anche per esiguità) ripagano della pochezza della trama, ma il "balletto" nel cantiere e le spettacolari sequenze con il mastodontico trattore sono uno spasso. Mentre Jackie Chan (nei panni di un cuoco come l'incartapecorito Steven Seagal in Trappola in Alto Mare: ma vogliamo mettere?) non manca di omaggiare i suoi idoli delle comiche mute (Charlie Chaplin e Buster Keaton su tutti) nella scena delle porte nel labirinto, Sammo Hung dimostra di non aver curato proprio ogni dettaglio: il filmato che accusa le due bande ripropone i campo/controcampo della fiction, non sembra certo la ripresa di nascosto da parte di un infiltrato. La versione “occidentale” è tagliata di 20’, ri-musicata e ri-montata.