TRAMA
La storia d’amore tra un giovane scrittore inglese e la prima ballerina del Moulin Rouge.
RECENSIONI
Il gusto per l'eccesso, la commistione stilistica tra musiche, sceografie e costumi razionalmente inaccostabili, il virtuosismo tecnico, sono da sempre marchio di fabbrica del cinema secondo Baz Luhrmann. A partire dalla favola "Ballroom - Gara di Ballo", fino alla rilettura in salsa pop del testo shakesperiano di "Romeo e Giulietta". In "Moulin Rouge", il geniale regista spinge ulteriormente il pedale sull'accelleratore della fantasia e costruisce un mondo sospeso, dove il luogo del peccato della Parigi di fine ottocento, diventa un caleidoscopio di luci e colori e dove l'atteso can-can si ritrova interpretato in "Voulez vous coucher avec moi" per poi sfumare nell'hit dei Nirvana "Smells like ten spirits". Ed e' la provocatoria scelta di reinventare il musical l'idea forte del progetto di Baz Luhrmann. Non a caso i momenti piu' coinvolgenti sono proprio quelli in cui musiche lontanissime, per genere ed epoca, vengono accostate per raccontare la storia d'amore tra la cortigiana Satine e il rampollo inglese in cerca d'amore, Christian. Una rivisitazione di "Your song" di Elton John fa scoccare la scintilla tra i due, portandoli a ballare direttamente in cielo tra le stelle. "Heroes" di David Bowie, mixata a "I will always love you" di Dolly Parton, celebra il loro amore impossibile. Un po' quello che si chiede al cinema: interpretare la realta' attraverso una visione "bigger than life", dove tutto e' amplificato, esagerato, irreale, come in un sogno. A una prima parte tanto squinternata quanto affascinante e ricca di suggestioni, tenuta insieme da una certa ironia e dall'idea che in fondo si sta partecipando a un gioco, segue pero' una brusca virata narrativa. L'amore fumettistico e sopra le righe tra i due protagonisti perde in leggerezza e si trasforma in prevedibile tragedia; i personaggi cominciano a prendersi terribilmente sul serio e da pedine di un sottile gioco intellettuale tentano di diventare vivi e pulsanti. Il problema di fondo e' che non si crede neanche per un fotogramma all'amore tra Satine e Christian e la loro passione, urlata e cantata, non provoca il minimo coinvolgimento. E la colpa non e' neanche dei protagonisti (anche se Nicole Kidman in versione "pene d'amor perduto" non e' il massimo della credibilita'), quanto proprio del tentativo di imbrigliare un sogno colorato e fantasioso in una storia a misura di pubblico. Ecco quindi sopraggiungere nello spettatore un senso di saturazione visiva e di pesantezza, in cui le sfumature del sogno si perdono nei confini di una routinaria e forzata storia d'amore, che da trampolino della fantasia diventa invadente e noiosetta realta'.

Figurativamente magnifico (Oscar a scenografie e costumi), ipercinetico e folle finché non sosta sulla traccia sentimentale, più che al capolavoro di Baz Luhrmann Romeo + Giulietta, somiglia di più, nel bene e nel male, a Ballroom-gara di ballo: stesso tema (creazione artistica e amore senza compromessi), stessa esilità del racconto, stesso annichilimento del pathos nella visionarietà kitsch. Un’opera rischiosa perché si sporca spesso le mani nel grottesco demenziale: ma il lavoro/pastiche sulle canzoni è magnifico (Beatles, Beck, Dylan, Fatboy Slim…), con le Parole, Parole, Parole prese a prestito per i dialoghi. Montmartre è immaginata come effettivamente era, un’industria del sesso a pagamento, il Moulin Rouge somiglia di più allo Studio 54: è un locale febbrile, decadente, elettrizzante, reso “contemporaneo” e cinefilo dalle tante citazioni (da French Cancan al Rocky Horror Picture Show fino allo stile bollywoodiano). Sul versante del plot, siamo dalle parti del mito di Orfeo e della Dama delle Camelie, con esternazione dei sentimenti alla Luhrmann, cioè semplice, facile, diretta, di presa sicura ed in netto contrasto con l’elaborazione formale debordante del contorno.
