Drammatico, Noir, Sala

MOTHERLESS BROOKLYN

Titolo OriginaleMotherless Brooklyn
NazioneU.S.A.
Anno Produzione2019
Durata144'
Sceneggiatura
dal romanzo Brooklyn senza madre di Jonathan Lethem
Fotografia
Montaggio
Scenografia
Costumi

TRAMA

Lionel Essrog è un detective privato affetto dalla sindrome di Tourette che si ritrova a indagare sull’omicidio del suo amico e mentore Frank Minna. Con pochi indizi in mano, Essrog si inoltra nei bassifondi della Brooklyn degli anni ‘50, tra corruzione, facoltosi salotti e jazz club, cercando di scoprire la verità.

RECENSIONI

Edward Norton ci ha abituati a essere un po’ il primo della classe, quello che non si limita a fare bene le cose ma mira a eccellere. Lo dimostra il debutto folgorante nella recitazione con Schegge di paura, in cui supera la concorrenza di duemila candidati e per cui vince il Golden Globe e sfiora l’Oscar. Ha fama di essere molto puntiglioso ed esigente, poco incline al compromesso, forse anche per questo la sua carriera è stata discontinua, con film celeberrimi (American History X, Fight Club, La 25° ora, Birdman) alternati ad altri memo memorabili. È entrato pure nel mondo Marvel interpretando l’Incredibile Hulk nell’omonimo film, ma con la calata degli Avengers gli viene preferito Mark Ruffalo, si dice anche a causa di un set non proprio idilliaco. Il suo debutto nella regia con Tentazioni d’amore ha soprattutto spiazzato, perché sforzo di essere qualcosa di più e di diverso della commedia romantica in cui è stato rapidamente incasellato. Con la seconda regia, scelta come chiusura del New York Film Festival e apertura della Festa di Roma 2019, continua a disorientare abbracciando un progetto molto ambizioso: la trasposizione dell’omonimo romanzo noir di Jonathan Lethem. Dalla letteratura al cinema gli anni ’90 diventano gli anni ’50. Nonostante il cambio di epoca l’obiettivo è quello di raccontare un periodo di transizione della città di New York e del suo sviluppo urbanistico con tutti i loschi traffici malavitosi connessi. I rimandi al presente sono evidenti, con la questione razziale, la corruzione di chi detiene il potere e la doppia faccia della “gentrificazione”, che riqualificando aree urbanistiche le toglie, spesso espropriandole, a chi ci vive. Se a questo si aggiunge un’indagine poliziesca per scoprire i mandanti di un omicidio e la sindrome di Tourette che affligge il protagonista, tutta tic e spasmi verbali incontrollabili, la carne al fuoco è davvero tanta.

Norton non si risparmia, oltre a interpretare il protagonista e dirigere il film si ritaglia anche i ruoli di sceneggiatore e produttore, ma non tutto nella sua visione fila liscio. Il lato tecnico convince appieno, dalla ricostruzione storica ai tagli di luce che incorniciano e valorizzano le sequenze, come pure le scelte musicali intrise di jazz, sempre raffinate e perfette per celebrare il mito degli anni ’50 newyorchesi; anche il Norton interprete, dopo un’iniziale stridore in cui il virtuosismo sfiora la caricatura, conferma la duttilità dell’attore. Ad appesantire la visione sono alcune scelte di sceneggiatura che anziché alleggerire una materia complessa, in cui i fatti come i personaggi sono tanti, opta per una scansione degli eventi ridondante, spesso raccontata in voice over, non sempre efficace. Il più delle volte lo spettatore ha tutto il tempo di anticipare ciò che accadrà. Anche la regia, pur nella solidità dell’impianto, complica alcune sequenze come in preda a un’ansia dimostrativa e non trova sempre la necessaria fluidità. Tra echi di Chinatown e L.A. Confidential gli stereotipi dell’hard boiled sono consapevolmente cavalcati, le suggestioni si moltiplicano, gli spunti di riflessione sono tanti, ma le svolte in cui il racconto si disperde sono troppe e ne limitano l’incisività e ridimensionano l’intrattenimento.