TRAMA
Charlie Mortdecai è un mercante/trafficante d’arte un po’ sbruffone. Il film lo vede in giro per il mondo, alle prese con vicende che si presume dovrebbero essere divertenti.
RECENSIONI
C'è stato un periodo, diciamo i gloriosi anni '90, in cui David Koepp era un nome (di sceneggiatore) molto rispettabile e rispettabilmente pagato: La morte ti fa bella, Jurassic Park, Carlito's Way, Mission: Impossible, Il Mondo Perduto, Omicidio in diretta sono alcuni dei film(oni) che ha scritto. Negli anni zero ha proseguito in tono forse minore ma non troppo, con Panic Room, Spider-Man, La guerra dei mondi, Indiana Jones IV e Angeli e Demoni. Per dire. E si è messo anche a fare il regista/sceneggiatore, con operette non molto ambiziose ma modestissimamente interessanti, tipo il thriller soprannaturale Echi Mortali, lo schizo-thriller nato vecchiotto Secret Window la risaputa ma non disprezzabile fantacommedia Ghost Town fino a Senza Freni, action frizzantino senza troppe pretese ma indolore.
Nulla di che, insomma, ma sempre più o meno a fuoco. E sempre, lo ricordiamo, nella doppia veste di regista e sceneggiatore. Mortdecai è la sua prima da regista 'puro', diciamo, e viene da sperare che sia l'ultima. Si potrebbe definire il film come una Spy Comedy alla Pantera Rosa con virate e distacchi ironici un po' Wes Anderson e un persistente sentore di film-sbagliato-ma-forse-chissà tipo il parzialmente omologo Hudson Hawk, di quel Lehman che aveva fatto ben sperare tutti con l'interessante esordio Heathers - Schegge di follia. Esaurita, più per noia che altro, la lista di riferimenti e rimandi (anzi no: l'incipit cita alla lettera I.J. e Il tempio maledetto), rimane di dire che Mortdecai è un film incontestabilmente brutto, soprattutto per demerito della sceneggiatura del semi-esordiente Eric Aronson. Lo script è un continuo alternarsi di humour che si vorrebbe raffinato (la parlata english-forbita del protagonista, ovviamente lost in dubbing) e gag dozzinali fino all'imbarazzo (gli amplessi rumorosi di Bettany, il vomito). Col fil rouge del tormentone sui baffi che fa ridere - forse - il suo ideatore e i parenti più stretti (e accondiscendenti).
Koepp si conferma regista anonimo nella correttezza di fondo, con qualche tentativo personalizzante a colpi di acrobazie digitali preferibilmente in piano sequenza. Ma la cosa finisce lì. Johnny Depp, è banalissimo dirlo ma non si può negare l’evidenza, è ormai schiavo delle mossette/faccette/smorfiette di Jack Sparrow ed è diventato insopportabile (anche se per una manciata di secondi in tutto azzarda qualcosa di diverso e di più ricevibile). Il resto del cast fa quello che può, ossia pochissimo.