TRAMA
In un cimitero, il cui custode depreda i cadaveri, i morti accolgono il nuovo arrivato, un soldato suicida. Quest’ultimo racconta la sua storia, seguito da una bella attrice e da un americano.
RECENSIONI
Non del tutto persuasiva questa favola macabra e grottesca del pasoliniano (meno intellettualistico, più popolano) Citti, i cui Fantasmi a Roma denigrano i vivi speculatori e (paradossalmente) accalcati in massa al cancello del cimitero (bella allegoria finale), assassini (deicidi) in connivenza con Chiesa e Politica (il migliore episodio, cristologico e anticlericale: quello del soldato Rubini). In realtà nessuno di noi è in vita: passiamo di morte in morte perché qualcuno continua a ricordarci nella dimensione precedente. Fama, gloria e visite ai sepolcri, quindi, sono nefaste (lasciate in pace i morti…li mortacci vostra!). Una bella idea non sviluppata a dovere, lasciata cadere per voluta mediocrità, caratteristica di un autore che ama accostare sorprendenti annotazioni e bizzarrie alla pochezza di un cinema volgare con meno pretese. Non è un caso che, nel suo calderone all'amatriciana, Citti inviti comici del varietà televisivo e icone del cinema softcore-trash nostrano (Alvaro Vitali e Michela Miti). È facile sbagliare i dosaggi con tali modelli, non discernere l'intuizione dalla cazzata. La pellicola, per sua fortuna, vive di frammenti e gioca su di una varietà di personaggi entranti/uscenti in un unico luogo/set (vedi Casotto): fra recitazioni approssimative, sono degni di nota le ottime prove di Malcolm McDowell (attore…fino alla morte), Luotto ("Scopone"), caricatura del maschio latino allupato e vanesio, il culo della Miti, lo strillone di Vitali, il becchino afono di Giuffré. “I mortacci" stessi ringraziano gli interpreti nei titoli di testa e di coda.