TRAMA
New Delhi. Si stanno per celebrare le nozze, concordate dalle rispettive famiglie, tra una giovane indiana (con amante regolarmente sposato) ed un connazionale da poco tornato dagli Stati Uniti (ovviamente all’oscuro di tutto).
RECENSIONI
Il nuovo film di Mira Nair è un affresco che ruota attorno ad una cerimonia nuziale, ma siamo anni luce dal rigore al cianuro di Altman. L’autrice di “Salaam Bombay!” cerca d’infondere la brezza ilare che – si dice – spira in quel di Bollywood ad una struttura narrativa che rimanda alla commedia classica americana: insomma, parenti, amici e tanti guai attorno alla coppia di fidanzati, il tutto volenterosamente condito da un’ironia bonaria e screziata di amarezza e dall’esplicita ambizione di tracciare un ritratto dell’India tra passato (il suggestivo cerimoniale della tradizione) e presente (la complessa situazione sentimentale e sociale che complica ulteriormente i rapporti tra i personaggi).
Il problema è che il film sembra preparato con la bilancia da farmacista: un tanto di preparativi per la cerimonia, un po’ di ansie, un tocco di speranza, gioia inaspettata q. b., un’ombra di ricordi dolorosi, qualche sospetto e una caterva di balletti e canzoni, sceneggiare disseminando battute e pene di cuore a piacere, et voilà, il film nuziale è pronto. Non che la torta, alla fine, non sia gradevole, ma stomaca presto. Soprattutto perché sono decenni che vediamo ragazze emancipate ma timorose della famiglia, padri in ansia per fare quadrare i conti del festino, organizzatori arruffoni e un po’ farabutti che non sanno mettere ordine nella propria vita privata, domestiche dolci e sornione, intellettuali tormentate, mariti infedeli che si sdilinquiscono al telefono con le mogli, zii ambigui, fanciulle provocanti e ragazzini maliziosi.
Interessante, e forse la cosa migliore del film, il lavoro compiuto sulla componente linguistica: i personaggi parlano, a seconda del contesto e persino della singola frase, inglese (modernità, ribellione alle convenzioni) e dialetti locali, ma ad una prima visione non è facile cogliere le sfumature di senso che regolano quest’alternanza, anche perché si è costretti a seguire contemporaneamente lo scorrere dei sottotitoli.
E alla fine, tra manierismi e parentesi “liriche”, la noia ha il sopravvento sulla buona volontà dello spettatore. Assolutamente decorative le immagini (due o tre) di stampo documentaristico inserite nella parte conclusiva.