TRAMA
Mona Lisa, una ragazza coreana con poteri psichici soprannaturali, evade dal manicomio dopo 12 anni di internamento. Ad accoglierla e respingerla New Orleans con tutte le sue contraddizioni.
RECENSIONI
Dopo l'insuccesso di The Bad Batch – sì, il premio della giuria a Venezia 73, ma ricordiamo anche l'insuccesso pressoché totale di critica di un film grossolano, con le scritte al neon sempre in bella vista per aiutarsi a schiaffare il messaggio in faccia allo spettatore, come non fosse già sufficientemente chiaro – che, almeno questo le va riconosciuto, per quanto maldestramente ci provava, giunta al terzo lungometraggio Ana Lily Amirpour ha già bisogno di tornare ad abitare ambienti a lei più congeniali, di tornare nella comfort zone della sua folgorante opera prima A Girl Walks Home Alone at Night valsale, meritatamente, il plauso e l'attenzione di tutto il mondo.
Ancora una volta una protagonista femminile, Mona Lisa stavolta, una ragazza di origine coreana dotata di poteri soprannaturali, rinchiusa per motivi non meglio specificati in un manicomio di New Orleans. Una volta fuggita e rifugiatasi nei bassifondi, dove la vita è fatta di espedienti e di furtarelli agli ATM, trova la complicità e l'aiuto di Bonnie, spogliarellista di bassa lega che prende a cuore Mona Lisa più per tornaconto personale che per affetto, e Charlie, il figlio undicenne di Bonnie.
Come lo definirebbe Hitchcock, un run for cover, ma la copertura non sempre corrisponde a un salvataggio se uno sviluppo più trascurato che trascurabile, abitato da macchiette in movimento, rivela un prodotto a conti fatti inconcludente.
Ad eccezione della scena iniziale – che vede Mona Lisa liberarsi dalla camicia di forza, rivalersi grazie ai suoi poteri telecinetici su un secondino ed evadere dal manicomio – la protagonista è principalmente passiva. Perché una protagonista dotata di superpoteri non da poco, come viene violentemente esibito nella sequenza iniziale, viene ridotta quasi subito a figura di damigella in pericolo? E cosa spinge i personaggi che la circondano a redimersi dalle loro vite da bassifondi ai margini della società e sacrificarsi per aiutarla? Più che in un'evoluzione dei personaggi ci imbattiamo in dei repentini cambiamenti.
A Girl Walks Home Alone at Night e Mona Lisa and the Blood Moon hanno in comune una protagonista silenziosa, immersa in un mondo ostile, che comunica e si esprime attraverso (violente) azioni. Peccato che Girl agisca, e le cause che la portano a un determinato comportamento siano facili da evincere, ma non è altrettanto facile capire cosa spinga Mona Lisa a limitarsi e non agire. Forse è lo specchio dell'alienazione di un mondo che non ha saputo riconoscere i suoi talenti, proprio come nessuno si è accorto dell'innato talento per il disegno del piccolo Charlie, ma probabilmente è solo una supposizione dettata da modelli già tracciati e non derivata da un effettivo riscontro dallo sviluppo del film.
Nell'Iran immaginario di Bad City, girato nella California del sud, di A Girl Walks Home Alone At Night le sequenze musicate – imperniate principalmente su una colonna sonora marcatamente e volutamente figlia del Morricone del dollaro – sono sempre funzionali al massimizzare la portata delle azioni in tali sequenze contenute: accompagnano solitamente la presentazione di una situazione problematica che infesta il microcosmo di Bad City o l'epilogo con climax di una sezione sviluppata fino a quel momento.
Nella periferia di New Orleans di Mona Lisa and the Blood Moon, invece, nelle parti musicate la musica copre tutto e sembra voler riempire un vuoto, sopperire a una mancanza di significante e significato propria delle immagini, inutili allo sviluppo e alla progressione del discorso. L'ascolto di un determinato tipo di musica da parte della protagonista, inserita ai fini di caratterizzare il suo personaggio, non trovando un dialogo con le immagini a cui viene applicata, si riduce a svolgere la sua funzione non per il rapporto che ha con le immagini ma solo perché esiste in quanto tale.
L'invito di Ana Lily Amirpour, se vogliamo anche un po' puerile, è quello di non discriminare [rinchiudere][ghettizzare] il diverso - nel binomio dalla formula ormai stranota e abusata "superpoteri = diverso" - bensì di valorizzarlo. Il problema è che è lei stessa la prima a dimenticare i suoi personaggi e a non valorizzare a dovere le loro qualità.