TRAMA
Helena è stufa di vivere la vita dei genitori circensi e litiga con la madre che, però, si ammala gravemente. Una notte, esce di casa e incontra Valentine, un giocoliere come lei, e si ritrova in un mondo parallelo, la Città della Luce, invasa dalle ombre perché una principessa, fuggendo di casa con il talismano, ha sconvolto gli equilibri.
RECENSIONI
Neil Gaiman (sceneggiatore) e Dave McKean, fra i più interessanti autori di graphic novel (Coraline e la Porta Magica, “Mr. Punch”), passano al lungometraggio cinematografico nell’ingiusta indifferenza generale: Gaiman, in seguito, riuscirà a sfondare perché i suoi copioni, per quanto dotati nel creare personaggi, felicemente ossessionati dai percorsi di formazione in fiaba nera, sono adattabili a tutti i gusti. McKean, invece, è il “grafico” della sua fantasia, e viaggia su di un livello molto più alto, dando vita a veri e propri quadri viventi dall’immaginazione geniale, forse troppo difficile per il pubblico medio. È suo, stavolta, anche il soggetto (fece un corto, N(eon), sempre incentrato su maschere e libri): un susseguirsi di situazioni strambe in un universo generato al computer che, per quanto stagliato nella classica tenzone fra luce e tenebre, è sopraffino, di culto. I pochi protagonisti umani sono in carne e “maschera” (tutti la portano, una più bella dell’altra) e non si muovono in un mondo fantasy “realistico” ma (e qui sta l’originalità) in un territorio completamente surreale, astratto, colmo di citazioni pittoriche (Bosch su tutti), con figure enigmatiche come le Sfingi, i Giganti Orbitanti, le Ancelle Meccaniche.

Dietro la Maschera
La Jim Henson Company, famosa per avere creato i "Muppets" e con all'attivo qualche digressione nel cinema con "Dark Crystal" e "Labyrinth", affida al fumettista Dave McKean il viaggio nell'inconscio alla base di "Mirrormask". Protagonista è una inquieta fanciulla, incerta tra ribellione e senso del dovere, che si ritrova prigioniera di una delle illustrazioni che tappezzano la sua camera da letto. La ragazza dovrà riconciliarsi con la figura materna, rappresentata come angelo protettore e regina cattiva, e soprattutto con la parte più profonda del proprio essere, per decidere come improntare la sua esistenza. Non privo di fascino, il film soffre però di un costante disequilibrio tra la convenzionalità della sceneggiatura e lo stupore visivo a cui ambisce la regia. Nonostante la direzione naif di McKean, infatti, il copione di Neil Gaiman (creatore di "Sandman" e autore di "Coraline" e "American Gods") osa poco nel tratteggiare il percorso di formazione della protagonista, giungendo a conclusioni ambigue poco illuminanti (non convince il ritorno alla docilità, così come suona banale l'identificazione tra malvagità e look nerastro, e ricattatorio il senso di colpa nei confronti della madre, offesa dalla figlia proprio alla vigilia della malattia). McKean dal canto suo sfoggia in quasi ogni sequenza dettagli in computer grafica che, a parte i bellissimi titoli di testa, mal si amalgamano nell'incontro con il live action. Il disallineamento tra la realtà del girato e l'origine di sintesi delle scenografie accompagna infatti l'intera pellicola, che gode di idee interessanti (i libri volanti, i gatti con le ali che si cibano di opere letterarie, i giganti di pietra che volteggiano nell'aria) ma di una resa visiva discutibile. La partecipazione, appesantita dalla piattezza della narrazione e da personaggi incapaci di stupire, è per forza di cose inficiata dal distacco. Del circo e delle sue regole si vorrebbe sapere di più, mentre della novella Dorothy e delle sue disavventure in un virtuosistico mondo di Oz se ne farebbe volentieri a meno.
