TRAMA
A Los Angeles, due falsi agenti di polizia rapiscono la figlia di un dipendente pubblico: per salvarla, deve uccidere la governatrice dello Stato.
RECENSIONI
Dopo anni di prove opache, John Badham, anche produttore, sforna un piccolo gioiello in thriller: la trama angosciosa (scritta dal Patrick Sheane Duncan di 84 Charlie Mopic) per l’innocente in trappola avrebbe fatto la gioia di Alfred Hitchcock, dal cui Nodo alla Gola, infatti, gli autori riprendono lo svolgimento in tempo reale (i 90 minuti del film corrispondono all’arco temporale del racconto). Ma non sono il Tempo contro cui gareggia il protagonista o il thriller politico con sindrome da JFK a costituire il motivo d’interesse del film (territori abusati), bensì, come nelle opere migliori di Badham, la pura e semplice esibizione della (sua) messinscena nel cinema di genere: dalle paranoiche inquadrature delle lancette dell’orologio al frequente utilizzo della macchina da presa a mano (se non della steadycam), perché più ansiogena, frenetica, realistica; dagli innesti di montaggio alle tante sequenze da manuale. Il Tempo ritorna, ma come meccanismo ad orologeria architettato dalla regia in cui anche gli interpreti (che non sono certo novellini) scompaiono come ingranaggi: la meccanica sacrifica la verosimiglianza (i rapitori danno per scontato che un uomo qualunque appena conosciuto si trasformi in killer?), lo studio psicologico e motivazionale (epidermici). È inopportuno quanto inevitabile per privilegiare gli eventi e non perdere il ritmo, ma il senso può essere evocato dalle immagini: l’incipit associa, in dettaglio, le componenti del segnatempo con quelle di un’arma da fuoco e suggerisce il dilemma morale dell’uomo medio (stranamente interpretato da Johnny Depp, votato a personaggi eccentrici) che deve scegliere fra due vite (salvare/uccidere), cercando invano una terza soluzione. Buone musiche inquietanti di Arthur B. Rubinstein. Da citare il colpo di scena del lustrascarpe “sordo”.