Drammatico, Horror, Miniserie, Netflix, Recensione

MIDNIGHT MASS

TRAMA

L’arrivo di un nuovo giovane prete, Padre Paul, sconvolge l’esistenza della piccola comunità di Crockett Island con il suo travolgente carisma e, soprattutto, con una serie di miracoli che scatenano un revival religioso nell’intera comunità, mentre una presenza oscura e misteriosa si aggira per l’isola.

RECENSIONI

RINASCITA

Si comincia con un incidente: accadimento divisivo, deflagrante e rivoluzionario capace di invertire il destino di un individuo, manifestazione di un deciso cambio di rotta che si compie fuori da quel microcosmo insulare che verrà a costituirsi, poco più avanti, come principale teatro degli eventi di Midnight Mass. Proprio il potere trasfigurativo del trauma, il confronto schiacciante e inevitabile con i propri demoni (materiali e spirituali), si configura come punto di partenza attorno al quale Mike Flanagan estende il proprio campo d’indagine, esplorazione che si dipanerà a partire da una figura iniziale per inglobare, poco a poco, altri due poli essenziali.
Riley Flynn (interpretato da Zach Gilford) è il primo dei tre personaggi-chiave della serie a entrare in scena, presenza che condivide, all’interno dell’opera di Flanagan, la medesima, complessa traiettoria che coinvolgerà le due figure fondamentali evocate poc’anzi, figure che egli (ri)troverà inaspettatamente sul proprio cammino.
Ma andiamo con ordine: alla guida della sua auto, in totale stato di ebbrezza, Riley entra in collisione con il veicolo di una giovane donna, provocandone la morte. In seguito alla condanna per omicidio colposo, il protagonista spenderà quattro anni nel limbo della detenzione prima di fare ritorno a Crockett Island, il luogo dal quale è fuggito sia per liberarsi dalla prospettiva di un’inedia senza fine, sia per inseguire un cambiamento radicale nella propria vita fuori dai confini di un luogo dove nulla cambia mai.
Tormentato dal senso di colpa, e dal proprio demone interiore autodistruttivo sempre incombente, Flynn si trova momentaneamente perduto, senza alcuno scopo né una direzione precisa da seguire, in attesa di poter finalmente imboccare la propria strada maestra. La stessa comunità di Crockett, per esteso, immersa nell’immobilità e nell’inconsapevole desiderio di un miracolo, di una svolta che le restituisca una forza rinnovata, si prepara a una rinascita insperata, a una resurrezione che troverà riferimento in Padre Paul Hill/Monsignor Pruitt (Hamish Linklater).

Il personaggio di Pruitt è il centro dell’azione, il polo che catalizza sogni e speranze di una comunità smarrita e svuotata. Affetto da demenza senile e vicino alla fine dei suoi giorni, il Monsignore si reca in Terra Santa, poco tempo prima che Riley approdi sull’isola di Crockett, per compiere quello che probabilmente sarà l’ultimo viaggio della sua vita. Anche lui, come Flynn, subisce lo shock di un evento inaspettato (ancora una volta fuori, lontano dalla terra d’origine): un vampiro incontrato in una grotta, creatura che assume nell’opera le sembianze di un angelo demoniaco, riporterà infatti Pruitt al vigore della giovinezza, e lo seguirà nel viaggio di ritorno verso Crockett. Il sacerdote mentirà alla comunità presentandosi inizialmente come Padre Paul Hill, e gli abitanti dell’isola si faranno progressivamente conquistare dalla straordinaria e potente aura cristica del “nuovo” pastore. Dei tre caratteri principali dell’opera, quello di Pruitt è senz’altro il più scisso: da una parte, egli tenta di assoggettare il gregge a un impersonale disegno divino di vita eterna; dall’altra, lo vediamo alle prese con una resa dei conti del tutto privata, una vicenda pavidamente lasciata in sospeso nel passato e che ora, in virtù di una inaspettata seconda occasione, può essere risolta.

Il terzo elemento, e forse il più importante, è incarnato da Erin Greene (Kate Siegel), figura sentimentalmente legata a Riley (anche in questo caso, siamo in presenza di un conto in sospeso) che ha fatto ritorno sull’isola in seguito al fallimento del suo matrimonio. In attesa di dare alla luce la sua bambina, Erin tenta di riconnettere le proprie radici e di pacificare i conflitti del passato, in particolare con la figura della madre ormai scomparsa che, esattamente come lei nel presente, ricopriva il ruolo di insegnante sull’isola prima di morire.
Sopra questo articolato disegno, Mike Flanagan struttura la premessa e i riferimenti che conferiscono vita alla narrazione: il viaggio dei tre protagonisti (microcosmo individuale) e dell’intera popolazione (macrocosmo comunitario) si estende, complessivamente, tra la conclusione di una fase oscura dell’esistenza e l’esordio di una seconda occasione, di una rinascita che vedrà passare tutti attraverso un’esperienza post-traumatica trasformativa e, letteralmente, definitiva per il loro percorso.

MISSIONE

Midnight Mass si apre con un dettaglio insolito e rivelatore. Lo spettatore infatti nota immediatamente, al centro del primo quadro, l’adesivo di un pesce sul retro del veicolo di Riley.
Com’è noto, il pesce è uno dei simboli di riferimento del cristianesimo delle origini, segno d’appartenenza al credo e raffigurazione arcaica dello stesso Gesù. Nel fondamentale saggio di Robert Eisler Orpheus the Fisher - Comparative Studies in Orphic and Early Christian Cult Symbolism, infatti, apprendiamo come il Cristo stesso sia stato rappresentato, nella tradizione patristica greca, come un pesce o come “pescatore di uomini”. Oltre a ciò, Eisler argomenta a lungo sui legami che connettono il simbolo del pesce al rito battesimale: in questo contesto, il vecchio sé del convertito viene “annegato” nel battesimo, e da quell’acqua egli rinasce indossando l’abito del Cristo o, meglio, della mistica divinità a forma di pesce che tanto somiglia a certi theoi adorati da Greci e Assiri molto tempo prima (interessante, in questo senso, la corrispondenza con la “seconda conversione” di Pruitt, vera e propria prostrazione all’angelo del male che lo porterà a diventare, inconsapevolmente, doppio mascherato di quest’ultimo e ambasciatore della sua volontà). Il ruolo centrale di Flynn nell’insieme del racconto, quindi, è rafforzato da questa associazione così evidente: che lo voglia o no, infatti, il protagonista è indissolubilmente connesso a un universo spaziale-simbolico responsabile della sua definizione di individuo, dello sviluppo dei suoi demoni interiori, del prodotto delle sue azioni che inquadrano un destino che inesorabilmente sicompirà, appunto, su una barca sospesa tra le acque che circondano l’isola.


Al contrario di Pruitt però, che porterà avanti la propria folle missione illudendosi di essere lo strumento elettivo di un disegno superiore, Riley realizzerà la visione di sé attraverso una personale e non mediata esperienza onirica: i suoi ricorrenti sogni premonitori, inizialmente indefiniti e incomprensibili quanto la sua avventura terrena (“Dovrei essere morto. Cosa ci faccio qui?”, chiede a Erin durante una passeggiata), assumeranno i contorni della realtà fenomenica nel momento esatto del suo sacrificio, atto d’amore incondizionato che redime e conferisce finalmente senso al percorso di una vita.

Flynn non è il solo, tuttavia, a sentire la necessità della redenzione, in Midnight Mass: di redenzione ha bisogno la comunità di Crockett Island, economicamente e socialmente abbattuta dagli esodi e dall’inquinamento delle acque causato dalle compagnie petrolifere, e ne ha bisogno Monsignor Pruitt, individuo annebbiato dal rimorso e convinto, nella speciale congiuntura della seconda occasione, di poter finalmente liberare il proprio gregge da ogni dolore e sofferenza. Ne ha bisogno, infine, Erin Greene, l’unica insieme a Riley capace di equilibrare il male storico e genealogico dell’isola e dei suoi abitanti, eredità che viene simbolicamente compensata nell’istante in cui Erin recide le ali del mostro, realizzando a segno invertito un mancato atto violento che sua madre avrebbe voluto compiere molti anni prima.
Senso di colpa, auto-realizzazione, karma familiare, risonanza di quest’ultimo sui luoghi che attraversiamo: la parabola artistica di Mike Flanagan non tradisce il proprio spirito, muovendosi attraverso i soliti e riconoscibili elementi presenti in ogni sua opera. Il cineasta americano, tuttavia, riesce ancora una volta a sorprendere lo spettatore spostando il centro della propria indagine filosofica su un aspetto inedito che, nelle sue articolazioni interne, riesce a estendere e impreziosire il grande quadro d’insieme, ovvero la disputa inesorabile e irrisolvibile tra la ricerca interiore individuale, incarnata da Riley Flynn (e, in misura più equilibrata, da Erin Greene), e la coercizione dogmatica della religione massificata, rappresentata da Pruitt e, soprattutto, dal carattere mefistofelico di Bev Keane (Samantha Sloyan).

RELIGIONE

René Guénon nella sua seminale opera Introduzione generale allo studio delle dottrine Indù tenta di inquadrare una definizione precisa del termine religione, e la sua disamina inizia dal significato etimologico della parola: ciò che congiunge, che lega. Lo studioso francese, subito dopo, si domanda se il concetto sia da interpretare come “ciò che congiunge l’uomo a un principio superiore” oppure, in una accezione più immanente e vicina al contesto della serie di Flanagan, “ciò che lega gli uomini tra di loro”.
In Midnight Mass, come accennato poc’anzi, il confitto tra la sfera individuale e la dimensione sociale della fede rappresenta il cuore dello spirito dell’opera. Le derive manipolatorie di certe forme-pensiero collettive, oltreché gli orrori che vengono a manifestarsi per mezzo di esse, si inscrivono perfettamente nell’ambito delle religioni organizzate, istituzioni che nel corso dei secoli si sono occupate, sostanzialmente, di normalizzare e convertire forme simboliche archetipali complesse in verità strumentali da imporre, spesso con la forza, ai nuovi adepti. Lo strumento attraverso il quale, in corso d’opera, questo processo prende forma, permettendo così all’entità demoniaca di prosperare, è sintetizzato magistralmente nel personaggio di Bev Keane, l’assistente del Monsignore.
L’ambiguità di questa figura assume connotati spaventosi per mezzo della sua rigorosa, martellante pratica di distorsione e rimaneggiamento dei testi sacri di riferimento: il suo delirio citatologico, che consiste essenzialmente nel decontestualizzare a proprio uso e consumo passaggi dell’Antico e del Nuovo Testamento, trova alleati perfetti sia nelle dimostrazioni di forza sovrannaturale di Pruitt e del vampiro, sia nelle aspettative di una base popolare ormai priva di qualsivoglia identità e integrità. È proprio questo gioco di incastri e corrispondenze a cementare una nuova (falsa) coscienza di massa che si rivelerà fatale per tutti, anche per quelli che, fino alla fine, resteranno immuni al condizionamento.

ETERNITÀ

Il primo a opporsi al falso e rivoluzionario miracolo è, come si diceva, Riley Flynn. La bussola morale interiore, tanto strumentalmente decantata da Pruitt in un suo sermone, gli permette di conservare intatta la propria capacità di discernimento: questa strenua resistenza, filosofica ancora prima che fisica (dopo essere stato vampirizzato, Riley dovrà trattenersi dal desiderio di attaccare Erin nel corso del loro ultimo incontro), emerge nello scontro dialettico che Flynn intrattiene con Pruitt all’interno del centro ricreativo, disputa enfatizzata da un impiego serrato del montaggio formale che pone in continua antitesi i due contendenti, accomunati dalla stessa maledizione ma distanti anni luce rispetto ai significati che quest’ultima assume per ciascuno di loro.


Come vuole la buona tradizione televisiva, è il dialogo, in Midnight Mass, l’espediente retorico e formale attraverso il quale emergono le principali istanze, i dubbi, i movimenti essenziali dell’intera vicenda. Il confronto sul concetto di vita oltre la morte tra Erin e Riley, per esempio, è un momento che da solo condensa l’intero processo che muove la serie, e demarca il divario interiore che corre tra Pruitt e i due protagonisti.
Il Monsignore infatti, da sacerdote cattolico quale è, concepisce l’eternità come resurrezione della carne: l’analogia tra il rito dell’eucarestia e la sua personale esperienza con il vampiro lo porta a visualizzare e progettare un raddoppiamento terrestre di ciò che, nella sua tradizione di appartenenza, può accadere solo nel più alto dei cieli, ed è interessante come Flanagan volutamente insista sulle corrispondenze che corrono tra consumazione eucaristica e vampirismo, tra legame simbolico e ritualità carnale all’interno dell’eggregora ecclesiale. Per Riley, invece, la coscienza cessa con il termine delle funzioni biologiche, e infatti esso prefigura l’ultimo istante della vita come un grande viaggio lisergico provocato dalle residue reazioni chimiche cerebrali. Erin Greene, infine, propone due distinte visioni: la prima, argomentata nel corso del primo confronto con Riley, si avvicina molto alla concezione classica del post-mortem di stampo cristiano, che vede una netta separazione tra esistenza terrena e dimensione celeste; nella seconda, invece, partorita poco prima di morire, Erin percepisce di essere coscienza infinita, pura energia,
sostanza eterna senza identità.

Questa particolare descrizione mi ha fatto venire in mente un bellissimo scritto di Sri Aurobindo, Il Karma e il Significato della Rinascita, e in particolare un passaggio dedicato alla concezione buddhista di reincarnazione: “I buddhisti giunsero a negare qualsiasi vera identità: non esiste, sostenevano, nessun sé, nessuna persona. Esiste soltanto un continuo flusso di energia che agisce, come il continuo scorrere di un fiume o il continuo bruciare di una fiamma. È questa continuità a creare nella mente il falso senso di identità: io non sono, ora, la stessa persona di un anno fa, e nemmeno la stessa persona di un momento fa […]. È la persistenza del flusso in uno stesso canale a preservare la falsa apparenza dell’identità. […] Achille non è rinato come Alessandro, ma il flusso dell’energia delle sue opere, che aveva creato la mente e il corpo transitori e mutevoli di Achille, ha continuato a scorrere e ha creato la mente e il corpo transitori e mutevoli di Alessandro”.
Che Flanagan sposi in toto le visioni di Erin, o che propenda maggiormente per la concezione espressa da Riley, poco importa: ciò che conta per lui, in questo lavoro come in quelli precedenti, è osservare gli effetti e i riverberi che le nostre azioni producono nel mondo, e riflettere, infine, sulla necessità di preservare una forma di relazione personale e intima con il nostro universo interiore, senza che quest’ultimo possa venire imprigionato da gabbie e condizionamenti ideologici.

BIBLIOGRAFIA:
Eisler, Robert | Orpheus the Fisher - Comparative Studies in Orphic and Early Christian Cult Symbolism, Whitefish, Kessinger Publishing, 1992
Guénon, René | Introduzione Generale allo Studio delle Dottrine Indù, Milano, Adelphi, 1982
Sri Aurobindo | Il Karma e il Significato della Rinascita, Roma, Ubaldini, 2013