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TRAMA
[Film non uscito nelle sale italiane] Europa 2024, una gigantesca rete metropolitana collega tra di loro tutte le capitali europee. Roger, un impiegato di un call center di Stoccolma, sente una strana voce nella sua testa che gli dice di seguire una misteriosa e bellissima donna, Nina. Lei lo aiuterà a liberarsi dalla voce, ma chi è Nina, e in cosa è coinvolta? E soprattutto, in cosa sta coinvolgendo Roger?
RECENSIONI
La parola Metropia è una composizione interessante. Intanto i termini che la compongono sono apparentemente due: “metro”, che può riferirsi sia a “metropolitana” sia a “metropoli” (la Metropoli della metropolitana che il film rappresentata) ; e “(dis-)utopia”, appunto, utopia ma anche distopia. La particolarità sta nella posizione di quella “r” del primo termine, che si compromette irrimediabilmente – insieme alla parola intera - con il secondo. Come se avessimo a che fare con una dist(r)opia tutta interna alla metropoli dell’uomo: una civiltà che si è infine eretta dalla distopia di se stessa.
In Metropia, film di animazione di Tarik Saleh, la conseguenza più visibile di questa anomalia della distopia è una sola e gigantesca metropoli, l’Europa, percorsa da un’unica rete metropolitana che tutto può raggiungere. E proprio l’essere raggiunti è forse il motivo che guida il film in ogni sua parte.
L’Europa del 2024 ha lasciato che il mondo percorresse fino in fondo ogni strada sbagliata. Le materie prime e le risorse energetiche sono al collasso e ogni cosa, a partire dalla metropolitana, è controllata da un’unica multinazionale, la Trexx. Ma la Trexx, che controlla questo mondo anche tramite altri mezzi “sotterranei” (tutte le microvie della tecnologia), riducendo ogni essere vivente a soggetto monitorabile, a cosa è interessata veramente?
Gli uomini si sono adattati a vivere stipati in stabili, uffici, stazioni della metropolitana; si sono adattati i corpi, che l’animazione (2D realizzata come se fosse 3D, grazie all’intervento di un software – dichiarazione del regista - utilizzato "nel modo sbagliato") ha reso appesantiti non solo con evidenti sproporzioni grafiche (tra sopra e sotto, con la testa grossa e realistica nel dettaglio, quasi fotografica, e il corpo esile, minuto, semi abbozzato), ma anche con un senso di rassegnata raggiungibilità che sovraccarica la loro andatura. Incombe su tutto una sensazione di intorpidimento del movimento, che dai corpi arriva a vincolare (limitare) il resto, come una rete infallibile che rischia di minacciare anche il pensiero.
In questa (dis-)umanità, Roger (Vincent Gallo), un impiegato di un call center (perfetto signor Nessuno chiamato in causa solo per la sua impressionante somiglianza con un uomo dalla posizione strategicamente decisiva), una notte viene raggiunto da una “voce” che lo mette in guardia: “non puoi fermare i tuoi pensieri”, ma qualcuno sta cercando di farlo. "È solo la mia immaginazione”, si risponde Roger. Ma se così non fosse, da che parte è il complotto? E da che parte sta Roger?
La relazione tra il raggiungere e il fermare, un lembo sottilissimo di confine in cui tutto potrebbe essere già raggiunto e quindi fermato (in fondo anche ciò che è raggiunto dalla macchina da presa viene fermato), aziona questo metro-thriller dai particolari noir (i confini sempre incerti, la fotografia color seppia che si accende in piccoli spunti, soprattutto nei dettagli della donna, l’opposizione bionda/mora con tutti i suoi derivati), che talvolta si complica e si rallenta ulteriormente, fino quasi a raggiungere una qualche fermata intermedia. Forse anche questo fa parte del complotto (filmico).
