TRAMA
Allegra è un’adolescente alle prese con i problemi della sua età. Luisa una trentacinquenne romantica e sognatrice che da anni ha una relazione con il padre di Allegra. Una tragica fatalità le farà incontrare e da quel momento, dopo una fisiologica indifferenza, diventeranno complici e amiche. Ma nuovi amori sono nell’aria e l’equilibrio raggiunto tra le due, inevitabilmente, ne risentirà.
RECENSIONI
Cosa manca a un film come Meno male che ci sei, tratto dall'omonimo successo editoriale di Maria Daniela Ranieri e diretto da Luis Prieto, già nel cuore delle giovanissime per avere acchiappato Riccardo Scamarcio a Tre metri sopra il cielo riportandolo sugli schermi con Ho voglia di te? Apparentemente nulla. C'è una strana coppia che si forma a causa di un incidente e che vede la trentacinquenne Luisa dare ospitalità alla diciassettenne Allegra. Caratteri opposti, arriveranno a conoscersi e capirsi affrontando, e superando, mille difficoltà. C'è quindi una sceneggiatura che pone due personaggi a confronto che al termine di un cammino insieme si contamineranno in modo positivo divenendo altro rispetto alle premesse. C'è insomma una sorta di racconto di formazione che celebra l'amicizia come sommo valore in grado di fungere da collante ai casi della vita. Ma nel film di Prieto ci sono anche le colleghe di lavoro, le nonne distratte, la scuola, le trasgressioni, le solidarietà inaspettate e grande spazio viene dato alle reciproche storie sentimentali. Relazioni in cui non c'è poi troppa differenza tra il primo grande amore dell'adolescenza, possessivo e totalizzante, e la passione adulta, forse più disincantata ma ugualmente assoluta. C'è anche una voce fuori campo, quella della giovane protagonista, che spiega con brio sentimenti e stati d'animo. E c'è pure un utilizzo diegetico di Umberto Tozzi che ricalca quello di Caterina Caselli in La stanza del figlio di Nanni Moretti. Tra liti, riappacificazioni, lacrime e risate, le delusioni e i successi si avvicendano e accavallano con una certa scorrevolezza. Eppure nulla di ciò che si vede è in grado di appiccicarsi addosso, di lasciare un segno. Cosa manca, allora, al film di Prieto? Perché si dimentica già mentre si abbandona la sala? Il problema maggiore è probabilmente nella logica "un colpo al cerchio, un colpo alla botte", con cui si bilanciano i pieni con i vuoti, le gioie con i dolori, non permettendo mai a un guizzo irrazionale di prendere il sopravvento. Un equilibrio così calcolato che non lascia spazio alla carne e al sangue dei personaggi, costretti in siparietti pseudo televisivi (le colleghe di Luisa in primis, ma anche i compagni di classe e nonna Sandrelli) dove la maggior parte delle situazioni si sviluppa sotto forma di gag. Ogni esperienza, poi, positiva o negativa che sia, si risolve, anche in modo brillante, ma solo nell'ambito della sequenza a cui dà vita e non diviene bagaglio emotivo dei personaggi, non lascia strascichi, semplicemente passa e va. Se non quando necessario per far quadrare il cerchio (allora tutti i traumi vengono al pettine), ma manca una visione organica, una progressione che non sia solo un meccanico accumulo di momenti poco coesi. Anche la recitazione non sempre aiuta. Se la giovane Chiara Martegiani (con i suoi ventidue anni più grande non solo anagraficamente di Allegra) trova momenti di verità nel dolente sentire del suo personaggio, a Claudia Gerini in versione svampita e sognatrice si fatica proprio a credere; colpa sia di un personaggio un po' a senso unico che cerca la comicità mentre avrebbe beneficiato di un po' di ironia, ma anche di una recitazione più attenta ai gesti che a ciò che rappresentano. Ma è forse la confezione, ammiccante, curata, un po', anche comprensibilmente, ruffiana, a evidenziare quello che si rivela il maggior difetto del film. Cosa manca, quindi, a Meno male che ci sei? Di sicuro quel minimo di personalità in grado di renderlo realmente comunicativo.