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- Brad Pitt
- Ben Stiller
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- Brent Simons
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TRAMA
Spedito in fasce sulla Terra da un pianeta alieno contemporaneamente ad un supereroe invincibile che gli sottrae fortuna ed attenzione, Megamind capisce presto di non poter aspirare alla popolarità. Mette allora a frutto la propria creatività per diventare il numero uno nell’unico settore in cui non ha rivali: il crimine.
RECENSIONI
Dopo il successo dell'inatteso Dragon trainer la Dreamworks si ripresenta nell'agone cartoonistico con Ben Stiller produttore, il regista di Madagascar, i soliti doppiatori di lusso e l'obbligatorio 3D.
Esteticamente affine a Mostri contro alieni, per tematiche superoistiche Megamind richiama da vicino Gli incredibili, ma ancor più il recentissimo Cattivissimo me, che sceglieva come protagonista un aspirante genio del Male facile alla conversione.
Qualcosa più di una coincidenza (curiosa anche l'analogia dei robottini tuttofare pasticcioni). I cattivi ultimamente sono più simpatici dei buoni, purché siano perdenti, alla ricerca di riscatto e non facciano male davvero. E' ormai evidente che la tendenza attuale impone la smitizzazione dei protagonisti delle favole, dai principi azzurri mascalzoni od orchi agli antieroi fieri della propria cattiveria. Gli eroi devono essere umanizzati, i personaggi delle fiabe devono essere ridimensionati e portati ad altezza d'uomo (di spettatore). Non sono mai davvero malvagi, ma l'importante è che all'inizio lo millantino e poi compiano un percorso di conversione e scelgano il bene. Megamind esemplifica la naturale antipatia della perfezione e degli eterni vincenti e, per contro, la simpatia dei diversi, degli emarginati, dei perdenti.
Fedele all'utilizzo della parodia - e quella dei supereroi resta la più in voga - la Dreamworks miscela azione a dialoghi senza sbilanciamenti, attenta soprattutto a tratteggiare una figura memorabile per la sua collezione.
L'azzurro Megamind, scienziato al servizio del crimine acuto ma destinato alla sconfitta, non manca di carisma cinematografico. Vive per la sua missione, rapisce sempre la stessa ragazza - tanto per cambiare una giornalista - perché ne è innamorato ed anche per lei rivaleggia col supereroe. Ma è un genio del male imbranato. Per lui il male è solo affermazione di una identità propria, ricerca della grandezza ai fini dell'autostima, contrapposizione con chi lo ha messo in un angolo, conquista dell'unico spazio lasciatogli libero dal destino.
Non a caso il supereroe buono - una versione vanitosa di Superman - risulta subito antipatico perché troppo perfetto, troppo vincente, troppo fortunato. Diversamente da Megamind, per lui è tutto facile, senza sforzi. Infatti diviene gradevole solo alla fine, quando mostra le sue debolezze e la sua umanità (la vecchia regola: gli eroi ci piacciono solo se soffrono come noi). E qui si torna al tema dei superpoteri come responsabilità non richiesta, in definitiva una vera prigione esistenziale.
Il film mostra quindi la giusta attenzione alla psicologia dei personaggi e nel farlo mette sul piatto una propria concezione del male e di come si arriva ad esso. Non è davvero in gioco l'eterna lotta tra Bene e Male, quanto l'umana necessità di un'identità forte in inevitabile contrapposizione col proprio opposto, il che rende indispensabile la presenza di un nemico, di una battaglia, di un obiettivo che, per funzionare, non deve mai essere raggiunto. In questo caso si sottolinea la casualità dei ruoli - bene, male -, ma anche la possibilità di scegliere una volta raggiunta maggiore consapevolezza di sé.
Megamind ha quindi un soggetto più articolato e maturo rispetto ad altre pellicole affini e punta meno sulla comicità.
Utilizza anzi un'ironia quasi sempre non immediata che faticherà ad appagare completamente il pubblico infantile e che lo rende, più in generale, meno divertente di quanto ci si potrebbe aspettare (con eccezioni pregevoli come lo slogan obamiano rovesciato dal cattivo Megamind: "No, you can't").
Dopo l'ennesimo amabile malvagio, però, la poetica dell'entieroe adesso esige un rinnovamento o finirà per stancare.
