TRAMA
Ritornata in Scozia per salire al trono, Maria Stuarda (1542-1587) è una minaccia alla legittimità del regno di Elisabetta d’Inghilterra, che fa di tutto per toglierla di mezzo. A malincuore, intanto, Maria sposa un uomo che non ama per rinsaldare il regno ma è innamorata del conte Bothwell, che la lascia infuriato.
RECENSIONI
Romanzata quanto acuta e appassionante la sceneggiatura di Dudley Nichols, divisa fra film storico e sentimentale, tra tragedia e intrighi di Corte, con convenzioni narrative di cui era esperto il drammaturgo Maxwell Anderson (sua la commedia teatrale del 1933). A seconda del protagonista designato, infatti, cambiava le carte (storiche) in tavola per rientrare nei canoni: Hollywood nel 1939 tradurrà anche il suo Il Conte di Essex, da “Elizabeth the queen”, e in quell’occasione Elisabetta farà figura ben diversa rispetto all’ottima interpretazione di Florence Eldridge, cinica e spietata. La biografia della Maria Stuarda di Ford e Nichols è sin troppo agiografica: entra in scena pregando il “suo” Dio (cattolica fra protestanti) e arriva a paragonarsi a Cristo nel processo; d’altro canto, questo si rivela un sagace espediente per contrapporre continuamente cuore e ragione di stato (Elisabetta). Infine si tratta di una storia d’amore impossibile, con il principe azzurro di Frederic March che fa sobbalzare il cuore anche allo spettatore ogni volta che s’odono le cornamuse dei suoi guerrieri per annunciarne la venuta. Le figure di contorno sono infide, smidollate, senza onore, ipocrite. Il pezzo forte di Anderson è la scena del confronto con Elisabetta (mai avvenuto) l’indomani dell’esecuzione, dove l’amore per un uomo vince sull’amore per il regno e chi, all’apparenza, è sconfitto, vince nella realtà. John Ford è in territori che gli appartengono fino ad un certo punto, e si dichiarò poco entusiasta della debolezza del racconto: leggenda narra che fece anche girare una scena d’amore con March alla Hepburn stessa (che avrebbe preferito essere diretta da George Cukor). Ciò non di meno, il suo racconto tragico sa essere commovente, la sua messinscena è elegante ed ariosa, basata sui chiaroscuri per sottolineare i passaggi più intensi e gli splendidi occhi della protagonista. Numerosi tagli in alcune versioni televisive.