TRAMA
Nel Canada rurale, durante un lungo periodo di siccità, una coppia di allevatori fatica a mandare avanti la piccola azienda a conduzione familiare. Alle difficoltà economiche si sommano due gravi lutti che lasciano quel che rimane della famiglia in preda allo sconforto.
RECENSIONI
Canada, oggi, ma potrebbe essere in qualunque tempo, data la portata universale dei conflitti messi in scena. In una fattoria isolata gli acquitrini del titolo diventano un luogo ancestrale dell’anima, un magma interiore in cui perdersi. Liquido amniotico ricercato da un figlio che non si sente più amato da quando è stato presente all’annegamento del fratello più piccolo e ha accidentalmente causato la morte del padre; terreno vischioso, con pochi appigli a cui aggrapparsi, per una donna confusa e ferita: madre e moglie, privata di un figlio e dell’uomo che amava, madre anche di un adolescente inquieto e irrisolto, e forse ancora madre in un futuro piuttosto incerto. In questa fanghiglia emotiva, si inserisce un uomo non gradito, incapace di trovare la giusta chiave d’accesso per farsi accettare.
Il debutto di Guy Edoin ha tracce autobiografiche. È stato girato nella fattoria di famiglia e si rifà a dinamiche che lo stesso regista dichiara di avere sperimentato personalmente. Non sono tanto i fatti, però, a interessare Edoin, quanto la descrizione di un mondo arcaico che soggiace a leggi tacite e immodificabili, dove la quotidianità è scandita dai ritmi imposti dalla Natura e dalla contingenza: mungere le mucche, aiutarle a partorire, lavorare tanto e parlare poco. Non semplice, per un adolescente immerso in un tale contesto, capire le proprie pulsioni, esprimere una personalità in evoluzione, tenere sotto controllo l’irrazionale e, soprattutto, sopravvivere a un senso di colpa indelebile. Difficile anche per una madre rifarsi una vita, o semplicemente continuare a vivere, quando tutto sembra crollare, anche la fattoria con i suoi debiti. Una corazza di durezza può essere più una conseguenza che una scelta, in ogni caso non la soluzione.
La perizia e il realismo con cui si entra nella vita dei personaggi non lasciano certo indifferenti. Il connubio con una Natura ruvida e implacabile colpisce in profondità, ma il film non si accontenta di creare un’atmosfera perturbante. Dà voce e spessore a un disagio sincero, magnificato dall’interpretazione molto fisica di Pascalle Bussieres, attrice di grande spessore nota soprattutto in patria. Come accade di frequente nelle opere prime, però, mantenere uno sguardo organico diventa impresa ardua. In questo senso il film funziona meno, a causa anche di spunti (la nonna lesbica, il turbamento del ragazzo davanti alla nudità di un amico) buttati un po’ lì e non sviluppati, e di un epilogo che sembra dettato soprattutto dalla necessità di concludere in qualche modo la vicenda. In ogni caso un debutto tutt’altro che disprezzabile.
