TRAMA
Il giorno prima delle elezioni, la tredicenne Jonalyn e suo padre Edgar si inoltrano nelle montagne alla ricerca del nonno Apisang Bisen che è partito da tre giorni a caccia di cinghiali e potrebbe non riuscire a votare. Dopo ore di duro cammino nella fitta foresta, Edgar decide di proseguire da solo chiedendo a Jonalyn di aspettarlo. L’uomo viene però attaccato da un cinghiale e deve tornare dalla figlia, che lo soccorre. La mattina dopo i due tornano in paese. A scrutinio concluso, il nonno si presenta con un cinghiale ucciso: è l’occasione per una grande festa alla quale sono invitati tutti i vicini e gli amici.
RECENSIONI
L'impegno non basta
Premessa: nelle Filippine ci sono più di sei milioni di analfabeti ed è in corso da tempo una lenta e difficile politica di alfabetizzazione del paese. I primi risultati si sono avuti nel 1992, con il raggiungimento di un livello tale da consentire la prima votazione ufficiale. Preso atto della notizia, non resta che soccombere al film di Brillante Mendoza, già vincitore, con "The Masseur", del Pardo d'Oro 2005 nella sezione video del Festival di Locarno. Più dalle parti del documentario che della fiction l'opera, girata in digitale e presentata in DigiBeta, conferma tutti i timori dell'incauto spettatore: sgranature oltre il limite del sopportabile; colori spenti e opachi, comunque indefinibili; macchina da presa a mano in continuo moto ondivago; eterne sequenze in cui nulla accade, improvvisazione, sceneggiatura dai contorni molto sfumati e una evidente casualità dello sguardo. L'idea in sé offrirebbe anche spunti interessanti per capire la realtà del paese. Tutto appare infatti immobile nel villaggio filippino in cui vive la giovane protagonista, che si rende conto di come esprimere il proprio voto sia l'unica possibilità per cambiare qualche cosa. Una presa di coscienza difficile da estendere e comunicare, anche ai propri familiari. Peccato che lo spunto non trovi sfogo in materia cinematografica degna di nota. Per cui si finisce per sopportare il film in considerazione dei valori di cui si fa promotore e della povertà che mette in scena, ma non si vede l'ora che i settantacinque, lunghissimi, minuti schiudano le porte al reale, per una volta più sopportabile della finzione.
