TRAMA
Tampa, Florida: Mike si esibisce in un locale di spogliarelli per donne in visibilio. Prende sotto la propria ala un diciannovenne spiantato, lo lancia come The Kid e gli apre le porte del sesso, del denaro e dello sballo, sotto lo sguardo colmo di rimproveri della sorella di quest’ultimo.
RECENSIONI
Showboys
Il successo della pellicola meriterebbe un discorso a sé: il pubblico femminile è accorso in sala attirato dai nuovi California Dream Men, per sognare e non-toccare/non-vedere. La mossa intelligente del produttore/promotore del progetto Channing Tatum (trascorsi da spogliarellista con il nome di Chan Crawford: notevoli le sue contorsioni hip-hop) è stata quella di affidarsi ad un regista indipendente dotato di personalità (Soderbergh lo aveva diretto in Knockout) e non ad un mestierante glamour-hollywoodiano che avrebbe sfornato plastica con paillette. Ma gli è andata (artisticamente) male: Soderbergh si concentra sul dietro le quinte, cerca di comprendere la mentalità di questi artisti attraverso il personaggio di Matthew McConaughey (fra detto: soldi & sesso facili; e non detto: la gratificazione dell’adone-oggetto), trascura del tutto quella delle spettatrici (lapsus mercantile) e concentra tutti gli (altri) sforzi per rendere (solo) morale lo script moralistico di Reid Carolin quando adotta un punto di vista estraneo all’ambiente e giudicante (il personaggio di Cody Horn, diretta in modo efficace nell’elaborato gioco di sguardi), che farà prendere coscienza della propria identità al protagonista. Dopo l’apertura in commedia e “musical” (i numerosi strip coreografati da Alison Faulk, quella di Madonna e Britney Spears), l’opera s’aggrappa al dramma esistenziale (La Febbre del Sabato Sera e Shampoo sono i modelli, secondo il regista), con sotterranea e risaputa storia sentimentale. I dettagli illuminanti ci sarebbero (Mike alla ricerca di conversazioni e non solo sesso) ma, nel complesso, Soderbergh non ha alcuna voglia di sperimentare e (di)mostra la deriva accademica della sua (libera) maniera cinematografica: l’alibi del realismo (improvvisazione) non regge per giustificare riprese senza alcuna inventiva (vedi i numeri musicali), l’amore per Godard avrebbe dovuto concretizzarsi in un cinema-saggio di altra caratura (Questa è la mia Vita sarebbe stato una traccia perfetta).
