TRAMA
La strega Teodolina designa Martina come sua erede nelle arti magiche.
RECENSIONI
Certo che gli adulti sono proprio goffi. Questa sarebbe di sicuro la reazione prima del pubblico infantile a cui è dedicata una vera e propria rivincita fantastica contro i più grandi.
E possibile vedere lintero mondo ipnotizzato dallo sguardo di Geronimo, il nemico più kitsch, pasticcione, ridicolo, privo di carisma che si riesca ad immaginare?
Tenendo conto della realtà dei fatti, si. Ruzowitzky mette in chiaro la sua operazione fin da subito, dando in mano alla generazione dei piccoli leredità della fantasia, nel senso magico del termine, lunica speranza per il futuro su cui si possa contare, non arenata come la strega-fattucchiera Teodolinda che, invece di volare con la sua casa-veliero, si crogiola grottescamente tra migliaia di inutili cianfrusaglie. La Magia infatti non ha bisogno di chissà quale orpello per funzionare, è un meccanismo pratico, immediato, creato su misura per la semplicità di una bambina.
Maga Martina e il libro magico del draghetto prosegue il suo divertito scacco respingendo leffettistica digitale per unatipica matericità (lunico personaggio virtuale, il draghetto-doppiato-in-maniera-terrificante-da-Accolla, è stato ideato in modo tale che non si percepisca troppo lo scarto della finzione). Tutto è fisicamente e artificiosamente concreto, procede per accumulo, ingolfa gli spazi, risplende nei colori, riscopre un senso del gioco con un pizzico di nostalgia per quello che è il travestimento, il disordine degli oggetti (in questo caso accentuati da un ironico anacronismo) in cui si mescolano le mode e gli immaginari più assurdi (la casa di Teodolinda e il quartiere generale di Geronimo). Allo stesso tempo però se ne prendono le distanze, quasi si trattasse di uno spettro consumista che rischia di far deragliare la vera morale di fondo. E un po la controparte del carnevalesco grigiore, dove lumanità se ne girella a mo di zombie e inneggia al maestro Geronimo per mezzo di matematica, economia e un insieme di discipline affini. Niente paura, i bambini non hanno bisogno di nessuna delle due alternative. Hanno in loro stessi, per la natura che gli è propria, tutto quel che serve per trasformare ciò che ci è intorno.
Se la pillola del messaggio edificante va giù senza troppi intoppi, giustificata comè da unoperazione visiva abbastanza articolata, qualche difettuccio lo troviamo.
Indubbiamente risalta la scarsa caratterizzazione dellorizzonte infantile che, sebbene scrostato dalla grottesca maschera dei più grandi, non supera un tratteggio un po insipido. A dire il vero anche Geronimo, nella sua spiattellata stupidità (non manca nelle sue capacità illusorie a trasformarsi in icone piuttosto anti-educative) convince poco, troppo risoluto a destreggiarsi in moine che, a lungo andare, lo rendono sempre di minor spessore (il suo destino a La bambola del Diavolo lo colloca nella giusta dimensione). Sorvoliamo infine il draghetto per motivi di doppiaggio prima accennati (lascio la sorpresa a chi vedrà il film).
Ci sarebbe da ridire anche sulla trama di per sé, frettolosa e con qualche inciso tirato via (a mancare è soprattutto uninterazione efficace tra i vari personaggi, distanti tra loro e privi di quellautosufficienza che ne potrebbe compensare il difetto), ma, con tutta onestà, Maga Martina riesce comunque a distinguersi con una frizzantezza di spirito da tenere in considerazione.