TRAMA
Il figlio accudisce la madre morente nella sua casa di campagna. La solleva in braccio e la porta a passeggio.
RECENSIONI
“Mondo creato da Dio, sei bellissimo! Ma c’è qualcosa che mi opprime…”. La Madre, moribonda, non si dà pace, sogna gli incubi del Figlio che raccontano del Silenzio di Dio. È la paura della morte (la madre) o della solitudine (il figlio), sono Sussurri e Grida, è l’ecosistema delle dolci carezze e dei forti dolori al petto, l’ambivalenza del caldo abbraccio di una Natura che ti fa sentire, contemporaneamente, parte di un tutto (i corpi si confondono con la vegetazione) o punto insignificante (i campi lunghi kiarostamiani). La Grande Madre genera il Figlio che la porterà in braccio e la nutrirà come fosse un infante. Il cerchio si chiude e si riapre, tutto torna alla Terra, con Dio o senza Dio. È questa la potente anima della pellicola di Sokurov che, da sempre, rivendica il contenuto piuttosto che il formalismo del proprio stile, contraddicendo quei compatrioti che hanno censurato le sue opere. Il regista russo è uno Stalker alla ricerca di un “sentire immortale”, senza contestualizzazione, mitico, primigenio, da raggiungere attraverso l’astrazione simbolica e l’elaborazione pittorica. A differenza di Tarkovskij, tende all’opulenta semplicità priva di intellettualismi e reclama il cinema con l’anima-a-nudo di Stromboli, Terra di Dio (Rossellini), visitando l’immanenza e il fascino esoterico della natura in Peter Weir. Non ci si stanca mai di guardare (e Sokurov non si stanca mai di mostrare) questa serie straordinaria di quadri viventi, ispirati allo stile di Caspar David Friedrich, animati dalle tonalità arancione e verdi, allargati dai rumori di fondo, filtrati e sfumati da effetti ottici, penombre, grandangoli. Ogni sequenza è un capolavoro, immerso e sospeso nella natura, quella con la “N” maiuscola che ci ricomprende, che chiede un prezzo per l’incanto della sua bellezza e si posa come una farfalla sul corpo “riciclabile” inanimato. La fine è nota (forse troppo).
