TRAMA
La collega di Machete, Sartana (sì, ok, Gianni Garko ecc), viene uccisa durante un’operazione anti-cartello della droga. Il resto è tutto vendette, testate nucleari, maschere di lattice, interiora, 007 e star Wars. La solita routine, insomma.
RECENSIONI
Machete Kills dovrebbe riuscire a convincere anche gli ultimi scettici. Quelli, cioè, secondo i quali Rodriguez potrebbe essere ambasciatore ed eroe del trash consapevole e intelligente e non un innocuo, fortunato cialtrone. Gli eventuali dubbi residui saranno, alle brutte, spazzati via dall’ipotetico Machete Kills Again… In Space. Perché, ok, il buon Robert ci ha raccontato una barzelletta carina (il fake trailer di Machete in Grindhouse). Poi però ce l’ha spiegata e ri-raccontata per accertarsi che l’avessimo capita (Machete). E non contento, ce l’ha voluta ri-ri-raccontare, sostanzialmente identica, aggiungendo giusto un paio di parolacce (Machete Kills). Così fa più ridere.
Questo è diventato, infatti, il cinema di Robert Rodriguez: l’onanismo pubblico di un ragazzotto che si crede simpaticissimo ed è convinto che il mostrarsi vieppiù sguaiato lo renderà simpaticissimissimo. E giù col citazionismo impazzito, la porno muzik, il cast stellare con i soliti cameo (ancora Tom Savini, sì), le presenze ingombranti a stancamente auto-iconiche (Lady Gaga) e la lingerie esplosiva come il sospensorio/strap-on 9mm già indossato da Savini nel secolo scorso, o la new entry, un wonderbra con mitragliette. Grandi rysa. Vecchie “idee” (si fa per dire) alle quali se ne aggiungono di “nuove” (per capirsi) come lo sventramento da pale di elicottero, idee che vengono reiterate senza variazioni a distanza di pochi minuti l’una dalla sua gemella. E così via.
Ma la vera novità, stavolta, è forse tutta la parte finale che prende come referente la preistoria (in senso ontogenetico) della cinefilia, Star Wars, e che proietta nel possibile sequel. Siamo, ovviamente, nel territorio dell’ovvio. Che però Rodriguez riesce a rendere ancora più ovvio, ribadendo l’irribadibile e scrivendo didascalie sotto immagini lapalissiane: compare in scena una buffa imitazione di Speeder, momento simpatico, ma la sceneggiatura lo rovina mettendo in bocca a Mel Gibson un pleonasmo quasi offensivo (“sono un fan di Star Wars”). Altrove, bisogna dire che il giochino funziona. Non tanto quando la mimesi riguarda una serie B di lusso, già abbondantemente mitizzata (Russ Meyer), ma quando le cose (comunque risapute) si fanno tecniche, il linguaggio filmico si sgrammatica e la cifra citata è quella più autenticamente brutta delle zoomate pauperistiche, del movimento di macchina immotivato, dell’effetto digitale fai-da-te o del montaggio ellittico à la Andreas Schnaas. Certo, è comunque poca roba. E sicuramente insufficiente a risollevare le sorti di un cinema stupido, inchiodato a un’idea (di numero), che gioca a fare il brutto ma non si accorge di intercettare un brutto autentico e profondo. E triste.

Lo dice lo stesso protagonista: di Machete ce n’è uno solo. Ma è un piacere ritrovare questa creatura di Robert Rodriguez in un frullato exploitation “libero” di spaziare in ogni dove, non solo nei film d’azione anni settanta: ha tanti aspetti (modelli cinematografici) come quelli del Camaleonte, ovvero uno dei nuovi, pittoreschi personaggi introdotti, cui donano il volto nomi noti dello showbiz (fra cui la debuttante Lady Gaga). Il “prossimamente” che apre e chiude il film (Machete Kills Again in Space), però, lascia a bocca asciutta, essendo propedeutico a un seguito (in cui è presumibile che la clonazione sarà un tema portante) che non è detto vedrà la luce, dato che negli Stati Uniti Machete Kills non è andato bene al botteghino: sarebbe davvero paradossale, per quanto è monco il finale. Si rimpiange davvero, allora, che di Machete non ce ne sia uno solo o, almeno, uno per puntata. L’altra “mancanza”, rispetto al film precedente, è la traccia politica, che faceva la differenza di caratura: qui si sciorina solo una simpatica trama da 007, aspettando Moonraker, passando per tanto Guerre Stellari (adorato dal personaggio di Mel Gibson) e per una cavalcata di missile alla Dottor Stranamore. Ammazzamenti pittoresco/splatter e tante sexy bitches, fra cui Amber Heard, barbie temibile da urlo, e Sofía Vergara sadofetish, con armi improprie in tutti i sensi (il wonder bra mitragliatrice, il tanga con pistola a forma di fallo). Charlie Sheen, simpaticamente, si finge esordiente con il nome (vero) di Carlos Estevez.
