Recensione, Thriller

M – IL MOSTRO DI DÜSSELDORF

Titolo OriginaleM
NazioneGermania
Anno Produzione1931
Genere
Durata99’

TRAMA

Düsseldorf è nel panico per una serie di infanticidi ad opera di un maniaco omicida: la polizia è perennemente in allarme, i cittadini vivono nel terrore. Ladri, barboni e malviventi vari decidono di dare la caccia in proprio al mostro.

RECENSIONI

Avuta carta bianca da un produttore indipendente, Fritz Lang con l’avvento del sonoro rinuncia all’astrattismo simbolico delle sue opere precedenti ma inserisce, nel nuovo approccio realistico e naturalistico, quelle soluzioni espressive e figurative che faranno grande anche il suo cinema a seguire hollywoodiano. Il motivetto fischiato (dallo stesso Fritz Lang: un’aria di Grieg) che rivela la presenza di M senza vederlo, ad esempio, oltre che accrescere il mood angosciato e angosciante della pellicola, rivela quanto l’autore fosse consapevole e creativo con le nuove tracce sonore, facendo un largo uso del “fuori campo”. Ma M è un capolavoro anche e soprattutto per il modo in cui Lang disegna e mette in campo la figura del mostro (ispirata a un personaggio realmente esistito): non la vediamo mai in volto, ne percepiamo la presenza dai passi, dal fischiettare appunto, dal respiro, dalla sua paura se inseguito, da alcune parole pronunciate, dall’inquadratura della schiena, del suo corpo perennemente ricoperto da mantello e cappello o dalle ombre dell’oscurità. Una presenza inquietante, fatta di solo cinema, suggerita come gli omicidi che compie (Lang odia mostrare la violenza). Quando, finalmente, conosciamo il serial killer, ha il volto spiazzante di un Peter Lorre esordiente, così lontano dalla raffigurazione diabolica del mostro: si palesa, come vuole l’autore, quale essere umano che mette alla prova i nostri pregiudizi. Lang, che volle anche veri criminali nelle scene in tribunale, avrebbe voluto chiudere senza semplici demonizzazioni, con una madre di un bambino pronta ad asserire (dopo l’arresto e il processo dell’uomo, non del mostro) che gli atti della giustizia non riportano in vita i figli, di cui bisogna prendersi maggior cura, ma la produzione non gradì.