TRAMA
1944: al battaglione guidato dal generale Merrill, appena compiuta una missione in Cambogia, viene affidato un nuovo compito in Birmania, senza avvicendamento. Un determinato Merrill guida i suoi tremila “predoni”, allo stremo delle forze.
RECENSIONI
Per Samuel Fuller la guerra è solo un affare sporco: significa morte, orrore, amarezza per gli amici caduti, sacrifici oltre l’umanamente possibile. Ma l’urlo di battaglia è anche quello di un’opera strappata al suo autore, rovinata da un elegiaco e patriottico finale imposto dalla produzione, spaventata dall’incedere troppo ambiguo della narrazione, responsabile del final cut e di un commento sonoro che mitiga la tragicità delle scene. Il risultato è più convenzionale del dovuto, fra incipit con cinegiornale d’epoca per contestualizzare, chiusura che canta le forze armate, lieve ferocia negli assunti ideologici che accompagnano l’iconoclastia delle sequenze, tante scene di battaglia realistiche ma con giapponesi fin troppo caduchi, uno studio psicologico sostituito dall’umanesimo di volti e personaggi e qualche tocco umoristico (il mulo “Eleonora”). L’impronta fulleriana, però, permane nelle privazioni dei soldati che lasciano il sudore sulla pellicola, e la scomoda posizione del suo Merrill mantiene il nerbo della narrazione: è costretto, suo malgrado, a chiedere l’impossibile alle truppe e a rinunciare ai sentimenti. Tanto più atroci sono le condizioni sul campo, tanto maggiore è la gloria degli eroi: Fuller non ama l’epica edulcorata o compiaciuta e, se i campioni si distinguono per imprese fuori dal comune e vanno lodati per aver compiuto il proprio dovere, non di meno va sbattuto in faccia allo spettatore che la guerra in sé è disumana e invivibile. Basterebbe quella meravigliosa, terribile panoramica sul labirinto di cadaveri alla stazione ferroviaria, dove l’autore confonde le figure dei morti con quelle dei superstiti sfiniti, per capirlo: in un film di Fuller, però, si sopporta e si va avanti, anche se si soffre, per vincere o morire. Ultima apparizione di Jeff Chandler.