Drammatico, Recensione

L’UOMO SENZA VOLTO

Titolo OriginaleThe man without a face
NazioneU.S.A.
Anno Produzione1993
Durata114’

TRAMA

Fine anni sessanta, Maine: il dodicenne Chuck, in villeggiatura, di nascosto tampina un uomo solitario sfigurato, Justin McLeod. Ha saputo che faceva il professore e vorrebbe lo aiutasse a superare alcuni esami scolastici.

RECENSIONI

Stupisce il soggetto con cui Mel Gibson decide di passare alla regia (in precedenza, aveva solo diretto il backstage di Arma Letale). Non tanto il fatto che un “bello” di Hollywood, da attore, scelga il ruolo dello sfigurato per provare la propria bravura oltre l’estetica, quanto il Gibson-regista che, di sé, vorrebbe mostrare un certo lato autorale, con un personaggio dai due volti pirandelliani, quello vero, dell’essere, e quello pubblico, dove il pregiudizio infesta ciò che “pensano” gli occhi. Gli vengono meno, però, la messinscena (un minimo) innovativa, la profondità/solidità dello scavo psicologico e il punto di vista con cui affrontare in modo inedito la materia. Siamo, infatti, dalle parti di La Bella e la Bestia, Elephant Man e L’Attimo Fuggente (memore, magari, del dramma della solitudine di Volto di Donna di George Cukor, alias Senza Volto di Gustaf Molander), con sviluppi annunciati previa sceneggiatura di Malcolm MacRury (che adatta un romanzo di Isabelle Holland, depurato di accenni omosessuali). Ma Gibson, come dimostrerà anche in seguito, è soprattutto regista “di pancia”: è notevole e cinematograficamente “stregata” la commozione che suscita nonostante il risaputo, la significatività che emerge nonostante la semplicità dei temi esposti, riuscendo ad essere evocativo e pregnante a prescindere dall’elaborazione della sua messa in scena. Senza volerlo, cioè, l’attore parla di apparire (imperfezione formale) ed essere (parlare con e ai sentimenti) anche nella forma.