Recensione, Western

L’UOMO DAI 7 CAPESTRI

Titolo OriginaleThe life and times of Judge Roy Bean
NazioneU.S.A.
Anno Produzione1972
Genere
Durata120’
Sceneggiatura

TRAMA

Il fuorilegge Roy Bean s’installa a Vinegaroon, Texas, e si autoproclama giudice e boia. Con l’aiuto di alcuni lestofanti, amministra la “sua” Giustizia, impiccando soprattutto chi possa lasciargli denaro e terreni.

RECENSIONI

Paul Newman ricopre il ruolo di un giudice/fuorilegge (Roy Bean) realmente esistito e già al centro de L’Uomo del West di William Wyler: John Huston sposa il racconto della leggenda con una memorabile messinscena surreale in cui chiama varie star a ricoprire cameo come in I Cinque Volti dell’Assassino, vestendo Ava Gardner come in Show Boat. Un'opera violenta e, al contempo, burlesca, scritta da John Milius come farebbe un cantastorie fra ballate, apologhi, voci narranti e suddivisione in capitoli. Fra tante bizzarrie, impossibile dimenticare il pistolero balbuziente di Tab Hunter, il reverendo itinerante di Anthony Perkins, il pistolero albino/hippy di Stacy Keach e Huston stesso nei panni dell'uomo dell'orso grizzly. Come in Gli Spostati, nell'epilogo, il regista canta la fine di un'era (pionieri individualisti vs. denaro totalizzante) e, con qualche punto di contatto (nella sua vena critica del capitalismo) con La Ballata di Cable Hogue di Sam Peckinpah, (di)mostra quali siano le estreme conseguenze del Sogno Americano in sineddoche, con la cittadina di Vinegaroon che prospera a spese altrui per poi vivere di ricordi (ogni riferimento diretto allo stato del Texas non è casuale). Raramente il cinema ha offerto un’opera così apertamente polemica, a largo spettro nelle pretese storiche e sociologiche, eppure spettacolare e travolgente.