
TRAMA
XVI Secolo, mentre Enrico VIII sta combattendo oltreoceano , Catherine si rivela una sovrana dal carattere forte che vuole introdurre idee protestanti e radicali nel regno. Quando Enrico VIII torna, assalito dalle paranoie e debilitato dalle pessime condizioni di salute, prende di mira proprio i radicali.
RECENSIONI
Caterina Parr (Alicia Vikander), ultima moglie di Enrico VIII, combatte con i fantasmi delle donne che l’hanno preceduta nel ruolo: la sua storia è narrata, come favola nera - attraversata com’è da sangue e peste, complotti politici e conflitti religiosi -, dalla figliastra, fanciulla silenziosa ai margini degli eventi, che il destino condurrà di lì a poco al centro della storia inglese.
Nel fosco teatro della corte la figura di Caterina, donna colta e intraprendente, si erge per la disinvolta dialettica che intrattiene con Enrico VIII, un Jude Law in cosciente contro-ruolo, ritratto come un essere deformato dalla malattia, un rabbioso animale in decomposizione (le ulcere che gli divorano le estremità). Caterina è invece creatura eletta, uno spiraglio di luce nella sua epoca oscura (il film affonda nelle plumbee tonalità della meravigliosa fotografia di Hélène Louvart) e, forte del favore del re, arriva a sfidare le alte sfere ecclesiastiche: i suoi ideali riformisti e il suo flirtare con le frange radicali vengono però letti come una minaccia alla stabilità del regno e, risvegliando gli istinti violenti del marito, la riportano di fronte alla realtà - lettura attualissima - di un menage coniugale che ci si è illusi di controllare e nel quale l’orco si era solo sopito.
Karim Aïnouz, partendo dal romanzo di Elizabeth Fremantle, oscilla tra il solido ritratto storico (gli spaccati di vita della corte) e la reinvenzione delle vicende letterarie, spettacolare e attivista (il finale, azzardando sulla causa della morte del re, ha chiara valenza rivendicativa), ancora interessato, dopo La vita invisibile di Eurídice Gusmão, a mettere in scena un dramma carnale e femminista.
