Azione, Bellico

L’ULTIMA ALBA

Titolo OriginaleTears of the Sun
NazioneU.S.A.
Anno Produzione2003
Durata121'
Fotografia
Scenografia

TRAMA

Il comandante della forze speciali A.K. Waters viene inviato in Nigeria con la sua squadra per recuperare la dottoressa Lena Kendricks, Medico senza Frontiere nella giungla africana. Quando Waters giunge al villaggio, però, la donna è disposta a lasciare la missione solo a condizione che vengano salvati anche i settanta rifugiati che sono con lei.

RECENSIONI

Un soldato con l'animo da missionario insieme ai "Ragazzi della Compagnia delle Indie" deve salvare una missionaria con l'animo da modella dalle grinfie dei cattivi, che torturano innocenti e uccidono senza pietà. Questa, ironizzando un tantino, la storia di "L'ultima alba". Senza ironia, invece, il film è un lungo spot a favore dell'intervento armato degli Stati Uniti. Per chi, stordito da spari ed esplosioni in Surround non se ne fosse reso conto, ci pensa a ricordarlo la didascalia che chiude il film. Una citazione dello statista irlandese Edmund Burke che recita "Perchè il male trionfi è sufficiente che i buoni rinuncino all'azione". Difficile parlare del lungometraggio senza considerare l'ideologia che lo anima, perchè tutto il film è permeato da uno schematismo finalizzato a suscitare una più che facile indignazione nei confronti del super-malvagio di turno: un regime dittatoriale nigeriano che dopo un colpo di stato (indovinate armato da chi?) comincia una pulizia etnica di matrice ovviamente religiosa. E così da una parte abbiamo i buonissimi: i neri "sì buana" tutti solidarietà e gospel, la carità che non chiede nulla in cambio, il coraggio, l'eroismo, ecc.; dall'altra i cattivissimi, di una crudeltà oltre ogni limite, con un colonnello che si chiama Sadik (sic!) e che, come il suo sgherro, ha la faccia da rettile. Non ci vengono risparmiati, inoltre, tutti i clichè del film bellico: la guerriglia nella giungla, gli appostamenti notturni, il momento di riposo infranto dall'arrivo dei nemici, la scoperta della "talpa", l'immancabile morte dei personaggi zavorra, il sacrificio del "buono", la disobbedienza agli ordini ricevuti in nome di una giusta causa, l'attacco a sorpresa e infine (poteva mancare?) l'"arrivano i nostri!". Discorso a parte per la retorica dei dialoghi, in cui le battute vanno da "Sempre avanti!" a "Fai la cosa giusta!" passando per "Oggi hai fatto una cosa buona!" e "Dio non vi dimenticherà mai!". Tra i super buoni una coppia inedita: Bruce Willis, che pare il buttafuori di una disco di tendenza e si trova costretto in un ruolo di duro dal cuore di panna che non gli consente di muovere più di un sopracciglio per volta, e la sempre più in carriera Monica Bellucci. L'attrice italiana non ha il dono dell'espressività ma gode, oltre che di una bellezza straordinaria, di una forte presenza scenica e, rispetto alla consueta immobilità, almeno prova a darsi da fare. Sempre tragico, comunque, l'auto-doppiaggio. Tra i caratteristi di lusso, quella faccia da alto ufficiale di Tom Skerritt che ormai, in film del genere, fa parte del paesaggio. Da un regista come Antoine Fuqua, a cui dobbiamo un thriller riuscito come "Training day" ove i confini tra giustizia e crimine erano assai sfumati, ci si aspettava uno sguardo meno di regime. Pare che sul set la situazione tra lui e Willis fosse alquanto tesa circa il taglio da imprimere al racconto e, stando ai risultati, pare l'abbia vinta Willis. Non manca, infine, una cornice di solido mestiere: una suggestiva ambientazione nella giungla, un commento edificante ed epico con richiami alle sonorità africane di Hans Zimmer, una indubbia fluidità nelle sequenze (poche) di azione e la capacità di mantenere, nonostante tutto, una certa tensione. Di film cartolina di questo tipo, però, in cui l'analisi di un conflitto si ferma all'epidermide e nulla viene approfondito per non intralciare la propaganda, non sappiamo francamente che farcene.