TRAMA
1982. Kathleen McCormack, moglie di Robert Durst, primogenito di un’influente famiglia newyorkese dedita al mercato immobiliare, scompare in circostanze misteriose…
RECENSIONI
Già dal precedente Una storia americana Jarecki aveva indirizzato il proprio sguardo su fatti di cronaca che maggiormente avevano suscitato l'attenzione dell'opinione pubblica statunitense. Love & secrets si propone come secondo atto di questo personale viaggio nell'intricato e denso territorio che separa la veridicità dall'artificio, la patina della rispettabilità pubblica dalla morbosità del privato, l'indicibilità della verità dalle blande rassicurazioni della doxa.
Se in Una storia americana si assisteva alla disintegrazione della tipica famiglia middle class dovuta ad accuse e condanne per numerosi casi di abusi su minori, in Love & secrets è l'anomalo caso di sparizione della moglie di un facoltoso uomo d'affari statunitense a mettere in crisi gli equilibri sui quali si mutua la società americana. Due film che, seppur con esiti divergenti, si contorcono attorno alla relativizzazione dei punti di vista, alla scomposizione millimetrica degli elementi che compongono i fatti narrati per giungere al nocciolo della questione, cercando di conquistare almeno uno spicchio, quello decisivo, della tanto disperata verità.
In Una storia americana la tensione viaggiava sugli stessi binari delle angosce dei protagonisti, si annidava morbosamente nei personaggi stessi, con un grado di distorsione parossistico tendente all'annullamento, alla frammentazione infinitesimale di qualsiasi parvenza di verità.
La stratificazione del linguaggio sia per le opinioni dissonati dei personaggi sia per quello che concerne la struttura visiva, sulla quale si accalcano immagini provenienti da diverse fonti (riprese casalinghe piuttosto che speciali tv, piuttosto che interviste dirette da parte di Jarecki...), non spiega ma corrompe, rendendo irrimediabilmente miopi.
A collassare è la forma documentario, incapace a questo livello di accentrare e indirizzare verso un punto di fuga unico e del tutto impreparata a tirare le somme su quanto mostrato. In questo caso il documentario implode fragorosamente proprio mentre si sta sviluppando nella sua complessità: i personaggi mentono alla macchina da presa prima che a se stessi, convinti che l'occhio oggettivo e impersonale della mdp possa intercettare la verità che non riescono a dirsi neppure tra di loro. La struttura base è un rincorrersi di affermazioni, di smentite e di contro smentite che porta ad una vertigine insanabile di caos e di perdita totale di orientamento. Così facendo il documentario si svela in questa sede per quello che è: il massimo di manipolazione, inganno e artificio. E Jarecki lavora con consapevolezza e lucidità proprio su questo aspetto euristico del discorso, analizzando il linguaggio come metodo di rappresentazione dell'involuzione e dell'annullamento del dato di fatto.
Consapevoli della scivolosità della realtà e dell'imprendibilità del vero con Love & secrets si ritorna sul tema, facendo però un passo indietro, concedendo un respiro più ridotto e misurato alla soggettivizzazione dei personaggi, dedicandosi maggiormente ai fatti come se fossero questi i custodi della verità, unici detentori di particolari e dettagli che avrebbero la capacità di svelare segreti e colpe nascoste. In questo caso non siamo più nel territorio, seppur dissestato, del documentario, ma nella finzione dichiarata, nella ri-costruzione di vicende realmente accadute, nella narrazione romanzata di un reale fatto di cronaca.
E' forse la dichiarazione esemplare di quella tensione iconoclasta che possedeva l'esordio del regista: Love & secrets si propone quasi come un saggio teorico su quelle tecniche che tanto avevano funzionato nel precedente film.
Ritorna la struttura su più piani temporali, l'espediente delle riprese fatte in famiglia, la volontà di mostrare il marcio della bella faccia dell'America, la decomposizione della giustizia incagliata in altrettanti ottusi giochi di potere. Portando questi elementi nel contesto più smaccatamente artificioso, che è proprio della messa in scena cinematografica, si ottiene la loro elevazione a modelli, costringendo con questo procedimento concettuale a tagliare drasticamente sulla tensione narrativa e ad allentare quella vertigine che era il vero motore del film precedente.