TRAMA
Marlowe vorrebbe, invano, farsi assumere da una diva televisiva ricattata per il suo rapporto con un gangster.
RECENSIONI
Uno dei migliori racconti (The little sister, Sorellina) del Marlowe di Raymond Chandler trova la felice penna dello sceneggiatore Stirling Silliphant (Oscar per La Calda Notte dell'Ispettore Tibbs) e la compatta, nostalgica direzione dell’esordiente Paul Bogart, regista televisivo che, per il grande schermo, (ri)pensa all'intricato plot de Il Grande Sonno, sogna il proprio omonimo (Humphrey) attraverso James Garner e omaggia Greta Garbo (quando inquadra il piccolo schermo) disinteressandosi delle celebrità contemporanee. Una dichiarazione d'intenti, anche per stare dalla parte del protagonista, un virtuoso poco ortodosso, in antagonismo con il presente quando sa dire di no al denaro, quando preferisce la miseria al lavoro ingrato e si disinteressa alle avance femminili. Uno spirito "giovane" (come gli hippies in contestazione in quegli anni) e all'antica allo stesso tempo: ci accorgiamo di essere nei pressi del sessantotto solo dalla circolazione della droga, dalla "comune" in apertura e dall'uso del modaiolo split screen. Garner (che cinque anni dopo interpreterà il suo investigatore privato di maggior successo in “Agenzia Rockford”) è un ottimo Marlowe, ironico, impassibile, intuitivo, tanto sconsiderato quanto scaltro e coraggioso, circondato da donne sexy e pericolose. Le motivazioni che sottendono il suo agire non sono sempre chiare e logiche (perché rifiuta in modo tanto deciso la sua prima cliente? Quale etica di comportamento tiene nei rapporti con l'altro sesso?) ma l'insieme è indubbiamente intrigante e offre almeno due brani da leccarsi i baffi: l'entrata (e l'uscita beffarda) di Mr. Bruce Lee in persona, letteralmente…devastante e il fenomenale strip finale di Rita Moreno, in concomitanza con la soluzione del caso.
