TRAMA
Villaggio del Giappone del 1896: una giovane coppia uccide il marito di una donna anziana e lo getta nel pozzo. Il suo fantasma ricompare a perseguitarli.
RECENSIONI
Dopo quello dei sensi ecco la passione, ma la felicità è di nuovo impossibile e l’orgasmo sinonimo di morte: le ossessioni dell’autore sono le stesse, ma le arie da “seguito” del titolo sono solo quelle della distribuzione commerciale, deludendo chi è alla ricerca della carne “scandalosa” di Ecco l’Impero dei Sensi. Un tempo Nagisa Oshima faceva correre in parallelo, nei suoi racconti, Amore e Politica: ora cerca deliranti amori folli per mettere in scena, su altre coordinate, l’impossibile rivoluzione che da sempre tratta. Anche il racconto di un banale triangolo con omicidio passionale, accoppiato alla ricca tradizione orientale di storie di fantasmi, si riveste di nuova luce: nonostante il crimine, i due amanti sono comunque vittime di un sistema sociale oppressivo e, poi, del conseguente rimorso. Necessità di rivoltare il sistema e cambiare noi stessi sono dettami applicabili universalmente e, dalle dinamiche sociali, trasmigrano nella passione amorosa, luogo in cui, secondo Oshima, scatta ancora quella scintilla di “sana follia” ormai perduta nelle nuove generazioni e nei nuovi corsi storici. Figurativamente splendido, il film ha l’iconografia tipica delle fiabe fantastiche orientali con spettri, fra nebbia e cieli scuri ma con un’atmosfera alla Oshima, più inquietante ed amara, con simbologie (la bellissima ripresa da dentro il pozzo, come fosse una porta per l’aldilà) e figure del folklore giapponese (il folle del villaggio) a completare il quadro. Erotismo sadico e cruda violenza immancabili, ma è un Oshima cui vengono meno la complessa stratificazione dei significati e l’azzardo.
