Documentario, Sala

L’IMMAGINE MANCANTE

Titolo OriginaleL'image manquante
NazioneCambogia/Francia
Anno Produzione2013
Durata92'
Fotografia
Scenografia

TRAMA

Cambogia, 1975-1979. 2 milioni di persone, su un totale di 7, vengono eliminate dal regime comunista di Pol Pot. “Tenervi non comporta alcun beneficio, eliminarvi non comporta alcuna perdita”.

RECENSIONI


Evocato nell’anno di The Act of Killing, film che recupera il dispositivo del fondamentale S21 - La macchina di morte dei khmer rossi, Rithy Panh è stato premiato a Cannes 2013, all’Un Certain Regard, per L’image manquante. «Per molti anni ho cercato l’immagine mancante - dichiara il regista - una fotografia scattata tra il 1975 e il 1979 dai Khmer rossi quando governavano la Cambogia. Di per sé, ovviamente, un’immagine non può testimoniare un omicidio di massa, ma ci dà modo di riflettere, ci spinge a pensare, a ricordare la storia. L’ho cercata invano negli archivi, nei vecchi documenti, nei villaggi di campagna della Cambogia. Oggi lo so: quest’immagine deve essere mancante. Non la stavo cercando davvero: non sarebbe infatti stata oscena e insignificante? Così l’ho creata. Ciò che oggi vi consegno non è né l’immagine, né la ricerca di un’unica immagine, ma il quadro di un’indagine, quella resa possibile dal cinema». E allora Panh cerca gli indici del massacro tra le lacune del materiale d’archivio, ne satura i difetti mentre ricostruisce la sua storia, elaborando un resoconto individuale che imprima, oggi, un punto di vista personale sul scientifico massacro delle identità attuato ieri dal regime di Pol Pot. Le sue memorie affrontano l’assenza di una rappresentazione scolpendo statuine di parenti e conoscenti uccisi, ricostruendo i paesaggi in cartapesta, sottoponendoli a una voce fuori campo che rivendica la presenza di una prima persona, di un testimone che s’appropri di quel che gli è stato negato, di quel che è stato cancellato, e che interroghi costantemente l’eticità delle immagini: L’image manquante è - soprattutto - quella del soggetto, che qui si rivendica nella lirica trattenuta delle parole, nell’argilla dei suoi ricordi (fatti di pupazzi insieme pudici, perché lontani dalle ambiguità morali della docufiction, e caricaturali, perché simboli dell’annichilimento di regime) e nel pensiero teorico di un regista che riflette sull’ecologia della rappresentabilità, in una dialettica che ritorna al Godard di Ici et ailleurs, e chi si fa tersa didattica dell'immagine. «Un cinema politico - dice - deve scoprire quel che ha inventato».