TRAMA
I preparativi per le nozze di Ayesah, promessa sposa di uno sconosciuto.
RECENSIONI
Nonostante gli evidenti limiti produttivi, non proporzionati all’eleganza formale alla quale l’esordiente Gutierrez Mangansakan aspirerebbe, Limbunan ha una forza espressiva e una coerenza formale (pur nei limiti di cui sopra) lodevoli. Nel raccontare il disagio di donne, giovani o adulte, costrette a vivere ingabbiate in una rete di precetti e vincoli, una prigione nella quale farà simbolicamente (e materialmente) il suo ingresso la giovane protagonistaAyesah, costretta a trascorrere la settimana che precede il matrimonio tra le mura della sua angusta camera, il regista si avvale di una scrittura semplice e accurata nei dialoghi, che trasudano sovente verità e umanità (in particolare nello scambio di battute madre/figlia alla vigilia delle nozze, un momento emotivamente forte che si regge su qualche battuta e un semplice campo/controcampo) e di un paesaggismo non di maniera col quale riesce abilmente a connettere cultura/interno/casa/legge e natura/esterno/foresta/libertà. Proprio al confine tra i due spazi avranno luogo i festeggiamenti di un’unione non voluta, che testimonia quindi di una fusione forzata e arbitraria, una sorta di violenza contro la “natura” femminile prigioniera di una cultura patriarcale.
