TRAMA
Lilya ha 16 anni e vive in una degradata periferia in una città dell’ex Unione Sovietica. Abbandonata dalla madre, costretta a sbarcare il lunario, vede la speranza di un futuro migliore nell’incontro con Andrej. Ma il trasferimento in Svezia che il ragazzo le offre è una trappola.
RECENSIONI
Il crollo dell'impero d'oltre cortina, dell'Unione Sovietica e degli Stati annessi ha portato all'improvviso deteriorarsi di strutture che fragili si reggevano già malamente, Moodysson cita a proposito il caso della Moldavia, la nazione più povera d'Europa. "Penso che il 99% dei giovani non creda alla possibilità di avere un futuro nella propria patria. C'è un percentuale altissima di donne che vendono il loro corpo. Questa è la terribile realtà e la responsabilità non è della Moldavia. Si tratta di uno stupro del comunismo, così come da parte del capitalismo." Nulla di più atroce possibile immaginare di una generazione che non conosce altro che la disgrazia, enorme ed accerchiante, di un sistema, e solo quello. Lilia (la straordinaria Oksana Akinshina) ha solo sedici anni, il quartiere in cui vive, costituito da un gruppo di palazzoni grigi e parallelepipedi è l'intero suo mondo, non può, di conseguenza, avere memoria di un passato di decoro: non ha nulla ma sogna d'andarsene.
Moodysson tratteggia una nuova storia di adolescenti, al suo terzo lungometraggio sembra aver preso le misure per uno stile personale e accurato in cui lo sguardo sempre morale sui fatti si coniuga ad un talento poetico-emotivo innegabile. La disgrazia di Lilia, truffata prima dalla madre che l'abbandona con il suo nuovo uomo, poi dalla zia infine da Andrei, il giovane che sembra il barlume d'una nuova vita ma che non fa altro, in realtà, che allargare il dolore di lei: da occasionale prostituta per necessità a sfruttata clandestina in Svezia, a disposizione di vecchi (e meno) laidi. Una storia di crescita solo per lo sguardo spettatoriale, la protagonista è solo vittima schiacciata com'è da un mondo che non è ancora in grado di interpretare ma solo di percepire per contatto diretto, che il tirare di colla riesce ad allontanare ed angelicare. Assumendo il pdv della ragazza si è costretti ad accettare l'altalena di eventi ed emozioni di cui è vittima ma a salvare dalla consuetudine della prospettiva moraleggiante ed educativa è proprio lo stile, nulla di più raro, amorevole ad avvolgere Lilia e Volodia. Uno sprofondamento individuale riesce così a divenire un affresco ampio ed allusivo, feroce nel fornire un dettagliato percorso verso la precoce scoperta della fuga nella morte ma così colmo d'amore per i personaggi da lasciare senza fiato, e sono in questa chiave da leggere gli inserti stilisticamente marcati del sogno, della realtà "altra", frammenti di stupore a salvare dal nulla.

Ragazzi allo sbando, tra sniffate di colla e pasticche a ripetizione, cercano certezze e calore che, negati dall'ostile mondo adulto che li circonda, si ritrovano nell'abbraccio reciproco, nella solidarietà di un'esistenza in fiore ma già reietta. Sembra che quello del ritratto adolescenziale sia un tema prediletto dal regista che, dopo il bel FUCKING AMAL (ma anche in TOGETHER si ritrovavano questi motivi), continua il discorso confermando, se ce ne fosse stato bisogno, un'apprezzabile capacità di individuare situazioni e cogliere umori con discreta finezza e riuscendo sempre a condire gli elementi con dialoghi convincenti e per niente artefatti. Quello che stavolta latita è l'intreccio, tutto fondato su situazioni concatenate piuttosto scontate e funestato da un tono occultamente predicatorio che appesantisce i toni e insiste sul film rendendolo troppo esplicitamente parabolico. I momenti visionari hanno una loro delicatezza ma sono troppo insistiti, così come eccessivamente dilatato risulta il finale. Una prova di pura transizione per il regista scandinavo.
