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TRAMA
Romain ha 23 anni. La sua aspirazione è diventare scrittore, ma per il momento si accontenta di fare il guardiano notturno in un albergo…
RECENSIONI
In Les Souvenirs, Jean-Paul Rouve racconta, attraverso gli occhi del giovane portiere di notte Romain Esnart, un’intima epopea sul tempo che scorre. Il nonno del protagonista, dal cui funerale il film prende le mosse, ci viene mostrato solo attraverso una vecchia fotografia, come un tempo già trascorso che vive solo nel ricordo. Madeleine, sua moglie, è una donna forte, indipendente e propositiva; un’anziana che non vuole abbandonarsi alla fine del suo tempo e che è disposta a lottare per decidere del proprio futuro.
In quest’ottica si colloca la vicenda del padre di Romain, Michel Esnart, giunto al pensionamento appena dopo il funerale di suo padre. Michel, un uomo già seduto sul proprio passato, privo delle passioni che costruiscono il futuro dopo la fine del lavoro, vive una crisi interiore che si articola in tre direzioni: la coscienza dell’inizio della propria vecchiaia, la fine del tempo della madre e il proprio presente sentimentale. Michel vorrebbe iniziare a costruire la propria vecchiaia, ma necessita, prima di tutto, di accompagnare la madre verso la fine della sua vita.
Se Romain è il personaggio che scandisce il tempo della narrazione, Madeleine è quello che lo scuote e lo complica. Non è un caso che la donna si chiami proprio Madeleine, come i dolciumi che, nell’opera di Proust, provocano una delle più celebri rievocazioni temporali nella storia della letteratura.
Così, laddove il nonno di Romain e Michel sono personaggi temporalmente statici, Romain sembra inconsciamente configurarsi come il presente che, per dare vita al proprio futuro (l’amore), ha bisogno di riallacciarsi al passato (la nonna). La fine del viaggio interiore del ragazzo sarà, in fondo, equivalente all’antefatto del film: il nonno e la nonna che vivono insieme il loro amore. Madeleine (ottima l’interpretazione di Annie Cordy), a sua volta, sente che deve connettersi con la propria infanzia prima di lasciarsi abbandonare alla morte.
Il tempo scorre e ritorna, insomma, e spesso bisogna toccare il passato per vedere un futuro. La ciclicità del tempo è evidenziata dalla corrispondenza tra l’incipit e il finale: il poetico “fuori tempo” di un personaggio che arriva in ritardo alla cerimonia funebre.
Il tempo ciclico e la serafica fiducia che Romain ha verso il futuro, in alcuni casi una totale atarassia, permettono al film di mantenere un tono leggero e spensierato senza evidenti forzature. La regia, sostanzialmente semplice e pulita, si impreziosisce delle coinvolgenti inquadrature aeree della Normandia e, soprattutto, della meravigliosa sequenza dell’innamoramento di Romain nella quale, ancora una volta, futuro e presente si compenetrano alla perfezione.
