Drammatico

I RAGAZZI TERRIBILI

Titolo OriginaleLes Enfants Terribles
NazioneFrancia
Anno Produzione1949
Durata105'
Tratto dadall'omonimo romanzo di Jean Cocteau
Fotografia

TRAMA

Elisabeth e Paul, fratello e sorella, vivono presso la loro madre morente, occupando la stessa camera e passando il loro tempo tra giochi e prese in giro a volte innocenti a volte provocatori. La morte della madre non fa che cementare la loro unione mentre attorno al perno del loro rapporto ruotano altre persone.

RECENSIONI

«Perché era davvero un capolavoro quello che i ragazzi creavano, un capolavoro che essi erano, in cui l'intelligenza non occupava alcun posto e che derivava la sua meraviglia dal fatto di essere senza orgoglio e senza scopo».
I ragazzi terribili - Jean Cocteau

Per quanto Melville si sforzi di rivendicare la piena autonomia creativa su questo film la presenza di Jean Cocteau, autore del romanzo, è tangibile in molti aspetti: da quello della scrittura (l'adattamento - lo dicono i titoli , nonostante il regista si affannerà a smentirlo - gli appartiene), a quello scenico e ispirativo a più livelli. Il film, oggetto anomalo nella produzione del regista, sicuramente audacissimo per l'epoca (gli strali della Chiesa non mancarono), traduce tutto il furore di un'opera letteraria che Cocteau scrisse di getto, in pochi giorni, sotto l'effetto della cocaina. Proprio la droga è uno dei sottotesti più interessanti del libro come del film, droga che è idealmente la gioventù,sorta di stupefacente naturale che è insito nella condizione anagrafica dei protagonisti, ma che è anche da intendersi letteralmente (il continuo riferirsi al dormire e allo stendersi, il 'gioco' di cui i ragazzi parlano - uno stato di semicoscienza in cui essi cadono e nel quale creano un mondo fantastico nel quale si calano completamente - e lo stesso gergo utilizzato per farvi riferimento - 'è andato', 'è partito' - sono indicazioni inequivoche). Lo spirito ribelle e anticonformista dell'opera risiede anche nei suoi personaggi che vivono, pigri e sregolati, senza interrogarsi mai sulla natura della relazione che li lega l'uno all'altro, completamente irresponsabili,nelle mani di un destino che sembra manovrarli e accudirli quanto più essi si disinteressano alla loro condizione (esistenziale, psicologica, pratica),ingranaggi all'interno di un meccanismo di 'inevitabilità' tipicamente cocteauiano da cui deriva anche il carattere mitologico-neoclassico della narrazione (Elisabeth come una vestale, 'La vergine sacra!'; l'incesto strisciante; l'omosessualità; l'intrigo che porta a una tragedia che incombe fin dall'inizio del film). Il superbo episodio che apre l'opera, quello della palla di neve che, lanciata da Dargelos, ferisce Paul (l'attoreEdouard Dhermitte, imposto da Cocteau, è una sorta di pseudo-Jean Marais, talmente improbabile nelle parte del ragazzetto da risultare, alla fine, una scelta infelice ma indubbiamente caratterizzante) è decisivo per comprendere da subito un paio di cose: la prima è che Paul è innamorato di Dargelos, coluiche lo colpisce al cuore, per l'appunto (se la palla di neve conteneva effettivamente una pietra il giovane, negandolo, sta difendendo l'amato); la seconda è che Gérard ama Paul, ed è geloso della sua passione per Dargelos (se la palla non conteneva la pietra Gérard sta accusando ingiustamente illanciatore, suo rivale). Questa indicazione di massima serve a comprendere il successivo evolversi dei sentimenti tra i personaggi in relazione, soprattutto, al legame centrale,quello più forte e ambiguo tra sorella e fratello, rapporto simbiotico che emerge dalla varietà di ruoli che la ragazza assume nei confronti di Paul(madre, consorte, amica, sorella), dalla loro promiscuità, dall'attaccamento morboso che la ragazza gli dimostra e che condurrà a conseguenze fatali allorquando alla combriccola si aggiungerà anche Agathe, interpretata da Reneé Cosima, che nel film ricopre anche il ruolo di Dargelos (la somiglianza tra i due personaggi è uno dei motivi dell'innamoramento di Paul per una donna che rievoca il suo amore primario, quello che lo ha segnato per sempre). Melville, coadiuvato da un grande direttore della fotografia come Henri Decae, sottolinea la propensione teatrale degli ambienti immaginati dallo scrittore e nei quali i ragazzi si mettono letteralmente in scena: non solo le camere da letto della casa materna e l'angolo delimitato dai paraventi che Paul allestisce nella magione di Michael- l'uomo che Elisabeth sposa 'per la sua morte' e che, in tutta evidenza, un deus ex machina fa fuori (rieccoci ai meccanismi della tragedia greca) - ma anche la stanza d'albergo e persino lo scompartimento del treno assumono le fattezze di uno spazio esplicitamente rappresentativo, scelta che ci riconduce a tutto il cinema di Jean Cocteau; il regista dà voce - fuori campo -all'artista che commenta gli avvenimenti (la recitazione cantilenante dell'autore è un decoro over sopraffino, per niente didascalico e invasivo ma incastonato nel film in maniera sublime); sceglie prospettive sempre peculiari (l'occhio della macchina da presa dietro la testiera del letto, l'inquadratura dall'esterno del finestrino appannato del treno, i dolly nel palazzo-labirinto, scenografia che ha ancora Cocteau nel midollo); usa la musica (Vivaldi, Corelli, Bach) magistralmente; non disdegna un montaggio sincopato (la scena della battaglia delle palle di neve è incipit fulminante) o soluzioni azzardate (il primo piano fisso di Gérard mentre la scenografia si allontana); confeziona uno straordinario finale in cui il suicidio di Elisabeth viene ripreso con una vertiginosa plongée: la donna cade,il paravento crolla, la scena si mostra come un fiore tragicamente spampanato.