Commedia

L’ERBA DI GRACE

Titolo OriginaleSaving Grace
NazioneGran Bretagna
Anno Produzione2000
Genere
Durata92'
Fotografia
Scenografia

TRAMA

L’improvvisa morte del marito lascia Grace sommersa dai debiti che rischiano di farle perdere la casa e la sua adorata serra, insieme a tutti i suoi averi. La necessità di reperire denaro al più presto la porta a collaborare con Matthew, il giardiniere di casa che si è vista costretta a licenziare. Matthew pensa allora di affidare le sue malferme piantine di marijuana alla migliore giardiniera del mondo e Grace dopo qualche titubanza accetta. Ma l’ammontare dei debiti è di oltre 300.000 sterline e poche piantine non basterebbero a colmarlo…

RECENSIONI

In un periodo in fondo buio per il cinema inglese non resta che apprezzare leggeri antidoti momentanei come questo Saving Grace che ripercorre i percorsi del gradevolissimo Waking Ned (it.: Svegliati Ned) (l'assonanza tra l'altro è schiacciante!) diretto da Kirk Jones, che ottenne un discreto successo un paio di anni fa. L'ambientazione è quella della provincia settentrionale inglese, suggestive colline e coste della Cornovaglia che offrono spunti favorevoli per incantare con qualche suggestiva anche se pretestuosa cartolina illustrata dei paesaggi che fanno da contorno. Il punto di forza di Saving Grace è, esattamente come nel Waking Ned di cui sopra, la forza espressiva che nasce dal contesto in cui è calata la vicenda, ovvero gli spazi, aperti e un po' desolati, e i personaggi che li popolano, oggetti drammaturgici sapientemente disposti alla base del film. La prima parte è decisamente la più interessante del film proprio per come Cole riesce a far scaturire una comicità intensa e surreale partendo dai volti e dagli atteggiamenti dei suoi protagonisti vispi e imprevedibili, oppure tormentati e sofferenti e poi ancora terribilmente disillusi, vittime di quei luoghi comuni che li vorrebbero bigotti e conservatori e che loro ribaltano rapidamente, come se una società morta (la loro) fosse stata miracolata e salvata dalla venuta dalla prodigiosa erbetta del titolo italiano, la marijuana, che può forse vantare il triste primato di specie vegetale più insensatamente e gratuitamente vituperata nel corso dell'ultimo secolo (vedere per credere l'illuminante Grass di Ron Mann, presentato a Torino e poi programmato di questi tempi su tele+ con il titolo A marijuana story). A dir poco irresistibile, ad esempio, la sequenza in cui il triste gestore del pub, nel bel mezzo di una conversazione interviene con un riferimento spiazzante su Franz Kafka, e in generale infatti la trovata più divertente di Cole è quella di far slittare imprevedibilmente le personalità che si vorrebbero stereotipate verso un qualcosa d'altro così surreale da divertire spiazzando le aspettative dello spettatore. Purtroppo però quando il ritmo cambia si avvertono le prime cadute di tono, la trama si infittisce e Cole sceglie di puntare sulla credibilità dell'intreccio venutosi a creare, cercando di motivare una situazione che non ne avrebbe bisogno dal momento che ben si sarebbe collocata in quell'atmosfera di profondo non-sense libertario che culmina nella sequenza irresistibile che avrebbe dovuto chiudere il film, ovvero il momento in cui la vicenda esplode grazie ai fumi di un incredibile quantitativo di marijuana, attraversando attimi grotteschi di gioiosa "estetica antiproibizionista". Invece uno stacco ci riporta alla realtà e la vicenda prosegue forzatamente verso una conclusione inopportuna e poco sensata che puntando a una maggiore aderenza al verosimile finisce per sporcare tutto ciò che di buono il film aveva offerto fino a quel momento. Comunque un prodotto gradevole con tutte le carte in regola per un buon successo di pubblico, magari giovane e con una certa sensibilità e propensione verso certi argomenti di scottante attualità…

Piatto ricco, mi ci ficco: scoperti due filoni d'oro (l'altro è quello di Quattro Matrimoni e un Funerale), la cinematografia inglese si clona, fuma uno spinello e strilla ri-Svegliati Ned!. L'idea di base del co-produttore Mark Crowdy vale ed esaurisce tutto il film, spento (altro che fumato!) in una timida scorrettezza, in uno spot antiproibizionista per moderati e centristi in cerca di consenso. La pillola è talmente indorata che perde ogni effetto, tutto si svolge "secondo copione", tiepidamente divertente, fino a rotolare in un lieto fine hollywoodiano da nausea post-fattanza, salvando capra e cavoli (droga sì, droga no: è l'editoria a portare il successo, non il commercio dello stupefacente). Le coste della Cornovaglia, la brava mogliettina tradita, le vecchiette "dipendenti" dal tè delle cinque di pomeriggio: Mrs. Maria le attraversa come un fantasma, con l'alibi in tasca e il calcolato beneplacito della Chiesa, della polizia e della comunità intera. Assurdo per assurdo (meeting al rave party a parte), la vedova stringe amicizia con l'amante del defunto marito e i doppi sensi del titolo si sprecano (salvare Grace, Grazia Divina salvatrice, Grace che salva il "fabbisogno" locale). Non bastano un funerale, un crimine da La Signora Omicidi e una blanda orgetta di mezz'età sotto l'effetto di un "gas esilarante" per pretendere la cittadinanza nella gloriosa tradizione britannica dello humour nero. Approcciati senza ferocia, i personaggi stemperano la propria carica provocatoria nel sentimento e a noi non resta che guardare con gli occhiali da sole, da lontano, la luce artificiale sprigionata da un film chiuso in una serra.