TRAMA
La vita di Batman/Bruce Wayne scorre monotona e ripetitiva. Di notte vigilante mascherato, idolo delle folle, avversario imbattuto di tutti i cattivoni di Gotham City, e di giorno miliardario solitario e annoiato. Ma questa volta il Joker ha il piano perfetto per vendicarsi del suo arcinemico preferito, mentre Barbara Gordon subentra al padre come nuovo commissario e l’orfano Dick Grayson viene adottato, per errore, da Batman in persona.
RECENSIONI
Why so serious? Sembra quasi che il Joker di Nolan abbia fornito l'incipit per questa nuova folle avventura del Cavaliere Oscuro, che in questo caso di dark ha davvero poco, se non il costume. Quello sì, deve essere assolutamente nero, o al massimo “grigio molto molto scuro”.
Nato da una costola di The Lego Movie, il film promuove alla regia quello che nell'originale era il direttore dell'animazione Chris McKay (sostituendo quindi Phil Lord e Christopher Miller qui in veste di produttori) il cui pitch del progetto era un incrocio tra un film di Michael Mann e About a Boy che potesse spiegare il perchè dell'infelicità del più triste dei supereroi DC. Premessa delirante, mantenuta e sviluppata in modo altrettanto delirante, come del resto era lecito attendersi nell'universo Lego.
Il film si impone sin da subito come una parodia mai irriverente, anzi molto intelligente, di tutte le numerose incarnazioni dell'uomo pipistrello, animate e liveaction, tra cinema e tv. E, paradossalmente, ne esce fuori il Batman più umano, più reale, lontano dalla freakness burtoniana, dalla gravitas nolaniana, e dall' autoparodia kitch della serie tv anni 60, il tutto, però, in chiave estremamente pop. Elemento in comune tra tutti resta il trauma che ne ha segnato e definito l'esistenza, la morte violenta dei genitori, tragedia che ha spinto il giovane Wayne non solo a cercare vendetta, ma soprattutto a indossare una maschera, a proteggersi dentro una corazza, a tagliare qualsiasi legame affettivo per evitare di doverlo poi perdere. Per fortuna il Lego Batman stempera il suo innato dramma con un fare presuntuoso, infantile, spaccone ed egocentrico ma mai irritante: si vanta di continuo dei suoi addominali perfetti, ride guardando le scene più drammatiche di Jerry Maguire, fa i capricci per non andare alle serate di gala, si diverte col suo armamentario hi-tech (con tanto di sfilata di costumi) ma non è capace a programmare il microonde o a trovare il canale HDMI. Tutto questo per colmare il grosso vuoto che ha dentro e che non vuole ammettere come quando, imbucandosi nella fortezza dell' invidiato rivale Superman, si ritrova a una festa della Justice League alla quale scopre, con celato disappunto, di non essere stato invitato.
Persino il Joker non si sente adeguatamente apprezzato in quella che è evidentemente una relazione a senso unico. Non riesce a fargli ammettere che senza di lui Batman non esisterebbe, che sono indissolubilmente dipendenti l'uno dall'altro e che ogni tanto un “ti odio” fa piacere sentirselo dire.
A innescare il cambiamento ci pensano Robin, alias Dick Grayson, adottato per sbaglio durante un gala, orfanello ubbidiente, entusiasta, desideroso di una famiglia, naive a tal punto da credere di avere due papà, Bruce Wayne e Batman (come si spiegherebbe altrimenti che i due sono più che coinquilini?), il fidato Alfred, padre putativo di Bruce, che scende addirittura in azione col costume del Batman televisivo di Adam West, nonno dei moderni dark knights, e Barbara Gordon, nuovo commissario di Gotham City e futura Batgirl. Insieme costituiranno una squadra, di cui ognuno è un tassello irrinunciabile (proprio come i Lego), fondamentale per sconfiggere l'ultima minaccia che Batman non può sventare da solo, ma anche una famiglia - se atipica/disfunzionale anche meglio - tema sempre più abusato a Hollywood e a Cartoonia (il recente Kubo e la spada magica ne è un esempio).
Lego Batman è insomma un blockbuster ingegnoso, brillante, ma che va sul sicuro, gioca in casa laddove The Lego Movie si metteva in/nel gioco, riuscendo a costruire tutta la storia intorno al concept stesso del giocattolo, ovvero alla sua capacità di stimolare la fantasia, l'immaginazione del bimbo, di creare e mutare forma in continuazione. Lego Batman è invece un episodio canonico, solamente ambientato in un mondo fatto di mattoncini ma di cui non sfrutta appieno la metafora (salvo nel finale), sovraccarico di citazioni interne e non, personaggi dell'universo DC, warneriano (da Harry Potter al Signore degli Anelli) e non (il Mago di Oz), che però riesce nell'arduo compito di accontentare un po' tutti, grazie a un timing impeccabile, gag sorprendenti e qualche lacrima, che fanno perdonare la confezione un pò standard, sfruttabile in perpetuum, industriale se vogliamo che contraddice la matrice stessa del brand (o la riafferma?).
E se si sbircia nel listino Warner/Lego se ne troverà conferma. Quest' anno è prevista anche l'uscita di Ninjago (con rischio di saturazione del marchio), altro spinoff, creato con la stessa logica dei precedenti, ovvero “semplicemente” realizzare storie con location e personaggi fatti di lego, con comparse celebri e strizzate d'occhio nerd, in attesa ovviamente di The Lego Movie 2 e Lego Batman 2.
Grazie ad essi si è rafforzato il sodalizio tra la Animal Logic, studio d'animazione e VFX australiano che si è occupato di tutta la realizzazione tecnica, e la Warner che ha potuto grazie a essa perpetuare la sua longeva tradizione in campo di animazione (seconda solo alla Disney) dopo i tentativi dalla riuscita altalenante di riportare al cinema Bugs Bunny & Co (Space Jam e Looney Tunes: Back in Action).
La collaborazione è iniziata con Happy Feet, campione di incassi e Oscar per miglior film animato, musical in motion capture con protagonisti pinguini ballerini, ma i flop del suo seguito e di Guardians of Ga'Hoole sembravano averla messa in discussione. L'enorme successo della saga dei Lego ha invece garantito alla Warner un franchise solido e duraturo, sfruttabile all'infinito, che gli permette di rientrare nella toon war e rivaleggiare con gli altri studi di Hollywood che ormai posseggono tutti una loro divisione “animata” (l'ultimo è il caso Universal/Illumination McGuff).
La natura intrinseca del prodotto ha permesso alla Animal Logic di sviluppare un look unico, distintivo in termini di resa visiva e acting. Si ha la sensazione di guardare un film in stop motion, in cui sono stati animati a 12 frame al secondo dei veri giocattoli, dalle texture incredibilmente fotorealistiche, tutte diverse, dotate addirittura di imperfezioni e segni di impronta di dita. Sono stati sviluppati inoltre software appositi per far si che tutto ciò che appare nel film possa essere davvero costruito con dei lego, effetti speciali compresi (esplosioni, acqua, fuoco etc...). Si tratterebbe ovviamente di set enormi, di migliaia di mattoncini, impossibili da gestire se non con le moderne tecniche digitali (in passato sono stati realizzati dei veri film in stop motion dei lego, alcuni anche fan made, dove la scala è ovviamente imparagonabile). Ma la vera novità sta nell'acting dei personaggi, opportunamente stilizzato a causa delle limitazioni strutturali ed espressive dei loro models, che ricordiamo, devono apparire realistici anche nelle movenze e nelle pose non solo nel render. Gli animatori hanno quindi fatto di necessità virtù escogitando trovate inusuali, brillanti e appealing ma tutte credibili e rispettose dell'anatomia dei giocattoli salvo qualche eccezione nelle scene action dove, per rendere l'azione più dinamica e snappy, fanno ricorso a smear frames, vale a dire singole immagini dove si va volutamente off-model esagerando forme e proporzioni, a volte riducendo un personaggio a mera forma e colore, ovviamente non ottenibili con i mattoncini in dotazione.
In conclusione, Lego Batman è tutto ciò che si può desiderare da un blockbuster d'autore per tutta la famiglia, una fun ride, come direbbero gli americani, ben studiata, testata, ammiccante, che diverte e ammonisce, a tratti geniale pur nel suo essere formulaico. E si sa, quando una cosa funziona, tutti ne vogliono una fetta: studi rivali stanno realizzando un film ispirato a Playmobil, altra celebre linea di giocattoli dalle premesse molto simili. La guerra (nella guerra) è appena cominciata.