TRAMA
Helena, una studentessa di disegno anatomico, si avvicina a Benoit, insegnante di radiologia. La loro relazione è subito segnata dall’ossessione del corpo umano e dalla possibilità di guardare al suo interno.
RECENSIONI
Helena si applica minuziosamente alla tecnica del disegno anatomico, rincorrendo l’obiettivo di individuare il colore esatto dei muscoli; Benoit esamina con attenzione le radiografie dei suoi pazienti, alla ricerca di mutazioni interne da analizzare. Entrambi appassionati del sottopelle (nervi, carne, ossa), inevitabile che il loro rapporto non si limiti all’esteriorità, fin dall’inizio quando Benoit si innamora della radiografia di Helena. Esordio al lungometraggio di Roberto Garzelli, italiano naturalizzato francese come la protagonista, Le sentiment de la chair spiazza perché svela un’ambizione, una necessità: la relazione sincera e appassionata non si ferma all’aspetto visibile, gli amanti devono “guardarsi dentro”; l’amore vero è quello che ingloba macchie sulla pelle, asperità e nèi (“Hai una cicatrice meravigliosa”); lo scambio totale supera i gesti codificati e comprende anche i fluidi, come dimostra il “bacio alla saliva” della coppia. Spingersi verso l’interno, però, è pericoloso: la lunga sequenza delle radiazioni prosegue nella metafora, indirizzando la pellicola verso un’inversione apparente (realizzato il rischio della perversione, i due sembrano rinunciarvi) che è solo preparatoria alla sintesi finale.
Garzelli gira un film-ossessione con tutti gli elementi adeguati: la gamma cromatica modulata sul rosso, il potenziale simbolico (la lastra come occhio allinterno), il risultato figurativo che basta in sé stesso, vedi le radiografie che si librano sullo schermo in forme astratte; e ancora lo svolgimento umile e compatto quanto estrema è la storia tanto lineare la sua narrazione , la doppia interpretazione di Thibault Vinçon e Annabelle Hettman in solida intesa. E soprattutto, si attiene a un rigoroso realismo: se lispirazione dichiarata guarda ai primi Cronenberg , e più sottilmente alcuni Tsukamoto (Vital), paradossalmente, è proprio il riferimento costante al quotidiano a rendere lopera peculiare e riportarla nellalveo del cinema europeo. Tutto avviene naturalmente, senza provocazione esplicita, ma per il semplice scorrere degli eventi: la deviazione si consuma nellordinario. E per questo che lultima scena, lunica che rompe bruscamente lo schema della realtà, colpisce nel segno: perché esplicita il contatto interiore, ciò che non vorremmo vedere, dichiara lobiettivo teorico del film e mostra, finalmente, il sentimento della carne. Lequilibrio amore/perversione è stato raggiunto. Un amour fou anatomico, tra i momenti più alti del Festival di Roma 2010.
