TRAMA
Il cast di Avanzi, quasi al completo, decide di allestire uno spettacolo teatrale a sostegno della causa di alcuni pescatori sardi in difficoltà.
RECENSIONI
Girato come il diario di bordo / making of di uno spettacolo teatrale “socialmente impegnato”, presto virato al reality, Le ragioni dell’aragosta non si/ci risparmia qualche ingenuità di fondo, di cui una piuttosto importante (il colpo di scena finale – la falsa verità del tutto – non è un vero colpo di scena), ma presenta anche una metatestualità a tratti assai efficace e un’irrisolutezza che lo salva dal forte rischio banalità. E’ infatti chiaro (rectius: noto) da subito che non c’è mai stata alcuna reunion del cast di Avanzi a favore dei pescatori sardi, il che disinnesca quasi del tutto gli sforzi realistici che dovrebbero reggere il film fino all’ipotetico detour conclusivo, ma subentra/accorre in aiuto un’autoreferenzialità umanamente assai viva. Se non mancano sprazzi di inconcludente grandefreddismo, infatti, né virate tragiche troppo marcate (il monologo disperato di Cinzia Leone), o momenti in cui si azzarda una morale (l’inquietante spiegazione finale in voce over della Guzzanti), è anche vero che affiorano spesso momenti di autocoscienza nei quali lo scarto di livello rappresentativo sembra funzionare, e accarezzare ipotesi di vertiginosa “realtà”. Sono soprattutto le autocritiche della Guzzanti (la riflessione sull’inutilità degli spettacoli “pro-caso-umano-civile”, i dubbi sulla salute e sul senso della propria vis comica) e i dilemmi esistenziali/lavorativi di Loche (molto bravo) ad avvicinare pericolosamente il realismo al reale dei personaggi-attori-persone. Infine, giova assai all’operazione il fatto che l’esito filmico somigli, nei pregi e nei difetti, alla teorica traslazione cinematografica dello spettacolo teatrale del quale il film stesso finge di dipingere la genesi: obliquamente autocelebrativo, forse pretenzioso e pretestuoso ma anche a suo modo sincero, impietoso e soprattutto, buon per lui, confuso.