Drammatico, Recensione

LE FIAMME DEL PARADISO

NazioneItalia
Anno Produzione2006
Durata95'

TRAMA

Diciassettesimo secolo, Trentino Alto Adige, Val di Non. Una povera contadina che vive in una grotta isolata viene accusata di stregoneria dai paesani. La donna viene portata nel Palazzo Nero dove ammette sotto tortura la sua colpevolezza e coinvolge anche i suoi accusatori per vendicarsi della loro cattiveria. Condannata a morte, rifiuta di pentirsi, e per questo viene messa al rogo sulla piazza del paese.

RECENSIONI

Dopo essere stato uno dei nomi di punta del cosiddetto "neorealismo rosa" italiano, l'ottantottenne Luciano Emmer fatica a trovare una seconda giovinezza nel nuovo millennio. Nel 2003 il regista milanese ha triplicato la volenterosa Sabrina Ferilli nel deludente e anacronistico L'acqua...il fuoco, e ora si cimenta con una storia ambientata agli inizi del '600 in Trentino Alto Adige. La protagonista è una ragazza che vive in solitudine e pur interagendo senza apparenti conflitti con gli abitanti del paese, a causa di una sequela di maldicenze viene accusata di stregoneria e messa al rogo. Le nobili intenzioni di non dimenticare la brutalità del passato si scontrano con una messa in scena tanto semplice (naïf? in totale libertà creativa?) da rasentare la casualità. La sensazione, costante, è di assistere a un teatrino parrocchiale animato da buoni propositi che cadono nel vuoto. È infatti con crescente imbarazzo che si segue la presentazione dei personaggi (gli allegri convenevoli di guizzanti pastorelle) e la piattezza di un intreccio senza progressione. Per tacere di una fotografia che si vorrebbe naturalistica ma che arriva approssimativa, dei costumi da sagra paesana, di scenografie assenti, di una sciatteria diffusa, di una recitazione sotto ogni ragionevole soglia e delle note da sintetizzatore in saldo di Stelvio Cipriani. Unico punto a favore, la parlata nel dialetto della Val di Non, luogo reale dei tragici eventi. Ma l’approccio filologico non è sufficiente a dare verità alle figurine di un Presepe inerte e risaputo, incapace di farsi portatore di un punto di vista effettivamente problematico sui fatti raccontati.