TRAMA
Quando, nel 1932, il piccolo Max è svegliato dall’atterraggio di un aeroplano nel giardino della casa dei genitori non immagina che l’incontro con Antoine, il pilota, segnerà la sua vita.
RECENSIONI
- E’ un controsenso? Come lo spieghi?
- E’ così e basta
Ispirato (aggiungere liberamente sarebbe a dir poco superfluo) a Il Grande Meaulnes di Alain-Fournier, l’ultimo film di Ruiz è l’ennesima originale verifica del testo letterario come miniera di possibili percorsi visivi, di ipotesi narrative tutte da esplorare, dentro, fuori e intorno alla parola scritta. Strutturando la storia su tre principali livelli temporali, dalla seconda guerra mondiale al Cile della dittatura, l’autore, entrando e uscendo dal romanzo (maneggiato dagli stessi protagonisti, in una costante, sorniona messa in abisso) e deformandolo con disinvoltura, gira il solito, intransigente lavoro (ondi)vago in cui le memorie personali si intrecciano agli eventi storici, in cui la rievocazione intima procede a braccetto con la denuncia politica, in cui l’universalità dei temi è sempre piegata alla naiveté dell’approccio, la realtà all’onirismo. Ruiz non si (/ci) tradisce mai, continua, con imperterrita audacia stilistica, a far abitare i suoi film da ricordi (l’infanzia come paradiso perduto) e fantasmi, ad animarli con dialoghi a due a un tavolo, a mostrare gente che racconta di gente che racconta, ad avvolgere le trame in cerchi concentrici, a intersecare le linee narrative, a far languire la logica e a mettere in seria crisi qualsiasi consequenzialità; continua a muovere la macchina da presa come nessun altro, voli di fluidità commovente, regalandoci perle improvvise (la scena della festa) giocate su prospettive e angoli di visione sempre inaspettati.
Non si sarà mai abbastanza grati a cineasti come Ruiz e al loro sublime modo di interpretare l’arte cinematografica: re-tro-spe-tti-va! re-tro-spe-tti-va!
