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TRAMA
Sylvain ha dedicato tutta la sua vita a un piccolo cinema che è sull’orlo del fallimento. Non solo è l’organizzatore, il programmatore, l’operatore e il cassiere ma addirittura vive negli scantinati che si trovano sotto la sala. Ogni notte, dopo l’ultimo spettacolo, esce per le strade della città e commette un omicidio. (dal catalogo del TFF)
RECENSIONI
Dopo la vittoria a Locarno nel 2006 con Le dernier des fous, Achard arriva a Torino con Le dernière séance anch'esso presentato alla kermesse svizzera nell'estate 2011. Proponendosi come un horror scopertamente meta-cinematografico, il film sulla carta sembra promettere singolarità che poi non mantiene, riciclando il tema dell'ossessione e della mania omicida accompagnato da una riflessione nei confronti del proprio medium che ben poco ha di originale.
Premesse depennate se non addirittura annientate, per una pellicola che mostra fin da subito difetti enormi: un guazzabuglio di sterili atmosfere piuttosto che un hommage al giallo come categoria di codici diversi in grado di interrogarsi tra di loro. Un puzzle mancato dove la struttura è labile (e questa non è di per sé una colpa, se ricordiamo ad esempio i film di Argento che di ossatura narrativa difettavano completamente) quanto la caratterizzazione dei personaggi: Sylvain sembra sì ricordare da una parte il Mark Lewis di Peeping Tom per la tranquillità e l'introversione e dall'altra il Norman Bates hitchcockiano per il passato problematico con la madre e per la pazzia nel volto, ma tutto rimane sulla superficie, a malapena abbozzato attraverso dinamiche forzate e inconsistenti, dialoghi (la serialità degli omicidi e l'ossessione per le orecchie).
Un divertissement iconologico e alfabetico in grado di trasfigurare i generi presi in esame in una fotografia sovraesposta, ideale e costantemente volta al passato come il film tutto, che invece di interrogarsi sul meccanismo narrativo che mette all'opera preferisce ammassare i rimandi. Un romanticismo sciatto e pedestre che ha come unico pregio in grado di risvegliare dalla sonnolenza il rimando cinefilo a French Cancan: eterno e lirico come non mai.
