TRAMA
Il piccolo Charly è deluso dal suo regalo di Natale: invece della bicicletta suo padre gli ha comprato il prototipo di un aeroplano. Quando l’uomo muore in un incidente, il modellino prende vita e comincia a sviluppare poteri magici. Tra l’aeroplano e il ragazzino nasce un legame straordinario e Charly, deciso a tenerlo per sé a ogni costo, vivrà un’incredibile avventura che lo porterà a rivedere il padre per un’ultima volta.
RECENSIONI
Volere Volare
Chi ha apprezzato la capacità di mettere in scena le pulsioni di Cédric Kahn in "La noia", "Roberto Succo" e nell’ultimo, riuscito, "Luci nella notte", resterà sicuramente, prima spiazzato e poi deluso. In "L’avion", il regista francese dirige una favola edificante e sdolcinata. Il protagonista è un bambino a cui muore prematuramente il padre, pilota d’aereo. Il piccolo si ritrova a traslare la figura paterna nell’ultimo regalo ricevuto, un aeroplano bianco, fatto con una sostanza prodigiosa, che pare avere vita propria. Il bambino si convince che l’aereo possa davvero volare. Solo la definitiva elaborazione del lutto, con tanto di ultimo incontro baluginante con il padre, gli permetterà di sostituire al giocattolo una nuova consapevolezza. Il problema del film di Kahn è che la sceneggiatura è davvero bislacca e che l’aereo vola per davvero, non solo nella fantasia del piccolo protagonista, con tanto di madre costretta a ricredersi dopo che il velivolo le distrugge mezza casa e addirittura ingegneri aeronautici che vogliono studiarlo per capirne la "magica" composizione. Non si tratta quindi di una semplice strada del protagonista per superare la morte del padre, ma di un vero e proprio delirio narrativo in cui l’aereo, "posseduto" dal padre, diventa una sorta di tramite divino che finisce per interagire con tutti i personaggi. Diciamolo, se il film fosse una produzione americana nessuno se lo filerebbe. Verrebbe catalogato come grottesca e innocua favoletta, trasmesso da qualche televisione privata nel primo pomeriggio e sarebbe in fretta dimenticato. Essendo di un autore ormai affermato, nonostante la giovane età, come Kahn, tutti si arrovellano per capirne il fondamento e si sforzano di apprezzarne la sensibilità, il piglio delicato e la dolcezza. Il problema è che, pur girato con queste qualità, il film si rivela un pasticcio poco comunicativo, con cadute nel ridicolo (l’aereo che pulsa in rosso per rispondere alle domande, il padre che appare in bianco scamiciato per poi andarsene in barca e diventare un bagliore accecante) che vanificano la magia delle intenzioni e azzerano la forzata ricerca di commozione.
