TRAMA
Il piccolo Danny assiste in anteprima alla proiezione di JACK SLATER IV, il nuovo film di Arnold Schwarzenegger. Un biglietto magico è causa di strane interferenze tra finzione e realtà…
RECENSIONI
Ossia, quando il metacinema è così grottescamente meta- da dimenticare, con sciatta semplicità, il proprio status di cinema per trasformarsi in un telefilm di terz’ordine. Il film di McTiernan riesce a fallire un po’ tutti i bersagli (pre)stabiliti: vorrebbe essere una sapida rilettura dell’action movie schwarzeneggeriano e non ne costituisce che un pallido tentativo di fotocopia, cerca di sottolineare la vena autoironica dell’(ex?)attore austriaco e finisce per denunciarne i notevoli limiti espressivi, azzarda una riflessione su arte e vita e (s)cade subito nel baratro di un imbalsamato e nient’affatto balsamico narcisismo. Il modello è non tanto Pirandello (i cui lavori affrontano principalmente la travagliata nascita della creazione artistica dall’interazione fra le ceneri del corpo e gli spettri dell’anima) quanto LA ROSA PURPUREA DEL CAIRO [il fascino fallace e irrinunciabile del sogno che si dispiega sul grande schermo, i viaggi allucina(n)ti fra i livelli della rappresentazione], ma l’ambizione quasi sconfinata della costruzione si sgretola presto sotto i colpi di una regia che “impreziosisce” la solita storia del bimbo triste che usa il cinema come antidoto alla quotidiana infelicità tramite letali iniezioni di cinefilia spicciola (da BASIC INSTINCT a TERMINATOR 2, con occasionali deviazioni chez Olivier e Bergman) e frastornate scenette d’azione (l’orrore furtivo di PREDATOR è un’eco fin troppo distante). Il verboso copione finisce (in ogni senso) l’opera. Sprecata la colonna musicale (con interventi, fra gli altri, di AC/DC, Alice In Chains e Aerosmith).

Il più costoso film della Storia alla sua uscita, non esplose al botteghino e non ottenne i favori della critica, poco persuasa dalle sue citazioni colte-pacchiane (Il Settimo Sigillo, invero splendida). Eppure è geniale, una delle più riuscite elegie al Cinema di stampo hollywoodiano, con argomenti da vendere: un crogiuolo fantasmagorico di invenzioni, gag divertentissime, rimandi filmici, camei, azione mozzafiato e graffiante autoironia sull’action-movie che, per eccesso, si trasforma in Osanna. Arnold Schwarzenegger, anche produttore esecutivo, è l’unico che rischia di affossare l’operazione in quanto, pur accettando di prendersi in giro, ha troppe preoccupazioni di politica di immagine, tesa a dimostrare che i ragazzini che lo idolatrano conoscono la differenza fra realtà e finzione, che la violenza dei suoi film è innocua, che la “vita vera” è un’altra. Ma vince la sarabanda goliardica e demenziale di rara finezza che, con sarcasmo, parla di cinema, cinema e ancora cinema: l’Amleto è snobbato dal ragazzino medio americano (“Non parlare, agisci!”) che riconosce Laurence Olivier solo per lo spot della Polaroid e per Scontro di Titani; F. Murray Abraham è solo quello che odiava Amadeus; la musica sinfonica non si sa cosa sia (mentre il soundtrack sfoggia rock duro con AC/DC e Def Leppard); si immagina che Stallone, Mr. Muscolo antagonista di Schwarzy, sia l’interprete di Terminator e si fa molta ironia sull’inverosimiglianza della messinscena dei generi americani (solo donne bellissime, pistole sempre cariche, ferite superficiali. Da citare la felicità di Charles Dance quando scopre che nel mondo reale può sparare senza vedere accorrere la polizia!) o sul X-rated (per sapere se si è reali o personaggi filmici, basta provare a recitare parole oscene in un film VM14!). Il racconto riflette se stesso, il cinema che gli dà forma critica anche la propria estetica. Metacinema che si fa meta-meta-cinema nel momento in cui il personaggio di finzione interagisce con l’attore che lo incarna e va alla proiezione in sala di se stesso. I cinefili godono nel rinvenire Die Hard (sempre di McTiernan), E.T., Ai Confini della Realtà, Witness, Bogart digitalizzato; tutti gli altri se la spassano con atti farseschi, pirotecnie, stuntmen spericolati, spari, botte e violenza da cartoon WB (citato Vil Coyote) in un mix pericoloso insolitamente riuscito.
