Criminale, Drammatico, Recensione

L’AMICO AMERICANO

Titolo OriginaleDer Amerikanische Freund
NazioneGermania
Anno Produzione1977
Durata126’

TRAMA

Ad Amburgo, Tom Ripley vende i quadri di un pittore spacciandolo per morto e presenta all’amico Minot, in cerca di un killer da ingaggiare, un corniciaio cui viene detto, con falsi esami, che ha una malattia terminale affinché compia l’omicidio dietro compenso.

RECENSIONI

Traendo spunto da ‘Il Gioco di Ripley’ di Patricia Highsmith (ma l’idea dei quadri di un pittore morto viene da ‘Il Sepolto Vivo’), Wim Wenders si riappropria del cinema narrativo e inaugura quello di stampo internazionale (una co-produzione recitata in più lingue e girata ad Amburgo, Monaco, Parigi, New York e sul Mare del Nord) dopo le sperimentazioni senza sceneggiatura di Nel Corso del Tempo, di cui reitera il tema principe dell’amicizia virile. Innamorato dei personaggi piccoli e meschini della scrittrice, le cui azioni concatenate danno vita a crimini più grandi di loro e restituiscono un’idea di umanità mortifera, il regista tedesco apre le danze del suo cinema a Bruno Ganz e scrittura i suoi idoli Nicholas Ray (nel ruolo del pittore Derwatt) e Samuel Fuller, dichiarando tutto il suo amore per il cinema americano e le sue icone pop (anche la colonna sonora di Jürgen Knieper richiama le musiche di Bernard Herrmann per Alfred Hitchcock). Il suo Ripley si discosta da quello della Highsmith, trasformato in un vagabondo criminale e solitario (che canta ‘I Pity the Poor Immigrant’ di Bob Dylan). Straordinario il lavoro di  Robby Müller sui colori tenui alla Edward Hopper, spesso monocromatici in alcune scene e, senz’altro, reminiscenti di quelli espressivi nel cinema di Nicholas Ray. Wenders avrebbe voluto John Cassavetes ma Dennis Hopper è immenso.