TRAMA
A metà del XIX secolo centinaia di migliaia di europei emigrarono in America del Sud nel tentativo disperato di sottrarsi alle carestie, alla povertà e al dispotismo che dominavano i loro paesi. Il loro motto era: “Qualunque sorte è migliore della morte”. Die andere Heimat è un dramma familiare e una storia d’amore ambientata sullo sfondo di questa tragedia dimenticata. Il film si incentra su due fratelli consapevoli del fatto che solo i loro sogni potranno salvarli. Il più giovane, Jakob, legge tutti i libri su cui riesce a mettere le mani e sogna di lasciare il suo villaggio, Schabbach, per vivere avventure in un continente sconosciuto. Il ragazzo studia le lingue dei nativi sudamericani e tiene nota dei suoi eroici tentativi di spingersi oltre i confini delle campagne dello Hunsrück in un diario stupefacente, che non solo racconta la sua storia, ma rispecchia le aspirazioni e le filosofie di un’intera epoca. Chiunque incontri Jakob è trascinato nel vortice dei suoi sogni: i suoi genitori, il suo bellicoso fratello Gustav e soprattutto Henriette, l’avvenente figlia di un intagliatore di gemme caduto in disgrazia. Il ritorno di Gustav dal servizio militare è destinato a mandare in frantumi il mondo di Jakob e il suo amore per Henriette.
RECENSIONI
Dopo una terza serie piuttosto deludente e molto lontana dagli esiti supremi della prima e (soprattutto) della seconda, per il quarto capitolo della sua saga Reitz retrocede di centosessantanni, torna a Schabbach e contempla una Germania che, come quella odierna, è tormentata dalla crisi. La patria (heimat) delle radici però è profondamente differente da quella attuale, dominata dal consumismo e da un edonismo presenzialista lontano distanze siderali dalla miseria e dalla lotta per la sopravvivenza del paesino ottocentesco. Come sempre l'opera è un ritratto del Tempo e i suoi personaggi creture di un'epoca, esemplificazioni umane dello spirito di un'era, emblemi viventi le cui vicende di vita narrano dell'individuo (micro) e della Storia (macro). Le vicende dei due fratelli, che incrociano, con fatalità e imprevedibili capovolgimenti di sorte, le loro esistenze e i loro sogni, ha di nuovo i tratti del grande romanzo, qui di potenza rinnovata, e della storia familiare (il sangue come vincolo a cui non si sfugge, che segna sempre e comunque il corso delle esistenze), la letteratura (c'è un diario che giustifica la voce fuori campo) e la suggestione bergmaniana a fare da riferimento. Girato secondo un registro che varia la consueta alternanza del bianco e nero al colore (qui domina un carico bianco e nero che è solo a tratti ravvivato da dettagli pigmentati, scelta che, come al solito, viene legata all'intensità drammatica della situazione), Die Andere Heimat non è solo esito estetico di grande resa (su questo versante l'ispirazione è di nuovo felice: fotografia e art direction sono mirabili), ma anche la sceneggiatura mostra perfetta tenuta e complessità debitamente gestita, dando voce e sviluppo a ciascun personaggio, nel ricco intrico di vicende che si incrociano.
Il Reitz ritrovato.