Bellico

L’AFFONDAMENTO DELLA VALIANT

Titolo OriginaleThe Valiant
NazioneGran Bretagna
Anno Produzione1962
Genere
Durata90’

TRAMA

1941, Alessandria d’Egitto: il comandante della nave inglese “Valiant” cattura due sospetti sommozzatori italiani e teme che abbiano minato la sua imbarcazione.

RECENSIONI

Rispettando la tradizione cinematografica bellica inglese, di cui è uno dei più validi esponenti (vedi Sfida agli Inglesi, protagonista un soldato tedesco), Roy Baker non stigmatizza il nemico né elogia i compatrioti nel momento in cui traduce su schermo un noto episodio della Seconda Guerra Mondiale. Privilegia, come sempre, la tensione psicologica e lo studio dei caratteri: non per niente la traccia di base è una pièce di Robert Mallet e non un contemporaneo film d'azione come I Cannoni di Navarone o I Sette dell'Orsa Maggiore di Duilio Coletti, che aveva raccontato la medesima storia nel 1953. Realizzatore di film di propaganda per l'Esercito dal '40 al '46 (in coppia con lo scrittore Eric Ambler, di cui qui si sente la mancanza, nonostante firmino la sceneggiatura Keith Waterhouse e Willis Hall, i commediografi di Billy il Bugiardo), esperto in drammi marinareschi (Morning Departure, Il Cargo della Violenza), Baker ama veicolare la tensione focalizzandosi su di un pugno di personaggi che ispirino simpatia, timore o rispetto. Gli inglesi sono tratteggiati per lo più in modo affettuoso/ironico, gli italiani (che co-producono con mezzi insufficienti, a detta di Baker) come mesti eroi votati al sacrificio. Le femmine si nominano ma non sono gradite a bordo. John Mills (una sorta di alter-ego del regista, presente in molte sue pellicole) è impegnato in un braccio di ferro di carattere e "cavalleresco" con il nemico italiano, evocando, in tono minore, gli antagonisti de Il Coraggio e la Sfida . È in evidenza il gioco delle parti e il match finisce in parità, manipolazioni a parte della versione nostrana (curata dal regista per l'unità italiana, Giorgio Capitani, che non è Francesco De Robertis). Dopo una partenza aggrovigliata su sequenze dal fiato corto, la suspense e l'angoscia premono nell'ombra di una bomba sconosciuta e di un cupo ed angusto luogo di prigionia (il "pozzo" nella stiva). Non siamo, però, sul (ai livelli del) Titanic, Latitudine 41 Nord, né per organizzazione plastica della catastrofe (a venire o avvenuta che sia) né per resa drammatica e psicologica dei caratteri. Non fosse altro che qui i protagonisti temono di dover evacuare, mentre sul Titanic il terrore fluiva nell'impossibilità di fuggire.