Avventura, Recensione

LA VOLPE E LA BAMBINA

Titolo OriginaleLe Renard et l'Enfant
NazioneFrancia
Anno Produzione2007
Genere
Durata92'
Scenografia

TRAMA

Una bambina incontra nel bosco della montagna una volpe, se ne invaghisce e la tampina finché non riesce a conquistarne la fiducia.

RECENSIONI

Dal documentario con finzione (La Marcia dei Pinguini) alla finzione documentaria: il biologo Luc Jacquet migra dall’Antartide all’Europa (Parco Nazionale d’Abruzzo, Massiccio del Jura) per un’altra favola che accosta la drammaturgia umana (la bambina) alla Natura (la volpe esopiana). La carineria disneyana (era Bambi) è strumento e non ricatto per amare gli animali e, come nell’opera precedente, il regista non edulcora i pericoli della vita selvaggia o (con sorprendente coup de théâtre) quelli insiti nel contatto fra due generi comunque diversi, seppur simili nel “colore” (rossa la bimba come la volpe). L’opera è scandita dal passaggio delle stagioni, in cui la natura dispiega una tavolozza di colori magnificamente (fino alla ricercatezza) catturata dalla fotografia, con inquadrature che passano dal dettaglio di un cuore animale che pulsa per la paura (la macchina da presa che s’accuccia accanto alla volpe nella tana: prossimità per intimità), ai totali sull’immensità della Natura, immortalando gli abitanti dei luoghi (orsi, ricci, topolini, lontre, insetti, uccelli…), cascate, grotte, curiosi volti nelle cortecce degli alberi e tutta la magia che un bosco o favole antiche (il filo d’Arianna, le briciole di Hansel e Gretel, il pifferaio magico, il Piccolo Principe) possono evocare. Una bambina ostinata, una volpe guardinga e adorabile, la musica per il pathos, la violenza umana: ma ad ogni passo, a lasciare basiti, sono gli accostamenti fra riprese dal vero e loro rielaborazione diegetica (la stagione degli amori ritagliata sulla Luna; la macchina da presa che sta dietro alle corse degli animali; la carezza in ombra; la soggettiva paurosa della bambina persa nella notte; l’attacco dei lupi con la gag del sacchetto di carta). Somma è l’emozione nel momento in cui nasce la fiducia fra i due protagonisti, ma Jacquet semina subito i primi sentori della problematicità della natura umana: l’inganno della corda, l’ansia di possesso (il collare), l’incolmabile distanza “culturale” (la differente percezione del fuoco e del luogo chiuso), la sottomissione nell’ubbidienza pretesa. Questa lodevole svolta nel racconto è in parte rovinata, nel finale, dall’inganno della morte (insistita, poi troppo miracolosamente evitata) e dall’epilogo umano didascalico, francamente inutile.